Si può decidere di smettere di essere creativi e interrompere la propria attività artistica, in una sorta di proiezione negativa verso l’ispirazione del futuro? Evidentemente sì, se l’artista in questione è Maurizio Cattelan, il più pagato, controverso e sorprendente tra i protagonisti dell’arte contemporanea italiana. In un’intervista pubblicata sulla Repubblica del primo aprile (forse si tratta di un pesce d’aprile, visto il personaggio in questione non sarebbe un’idea così strampalata) l’artista padovano, nato nel 1960 con un passato da infermiere, dichiara a gran voce il suo abbandono dalle scene artistiche: «La festa è finita, mi ritiro».
Dopo aver scandalizzato con le sue installazioni (una tra tutte: i tre bambini impiccati) il panorama contemporaneo, aver lavorato con i più importanti galleristi e soprattutto aver raggiunto cifre più che ragguardevoli con le quotazioni delle sue opere, Cattelan è saturo. «Prima che mi succeda di ripetermi con le mie idee, mi fermo. È una presa di distanza da tutto: dal mercato, dalle polemiche. Si tratta di rinegoziare il mio essere all’interno di un sistema e ribadire un’indipendenza che ho sempre cercato. La critica non perdona quando incominci ad avere visibilità, quando vendi, e in realtà lo capisco: dà fastidio anche a me. È una sorta di macchia, alla fine», ha infatti dichiarato al giornalista Dario Pappalardo.
Polemico soprattutto con quello stesso mercato con il quale dichiara di avere «un rapporto conflittuale, perché si tratta di un mercato “ormonato” dove comunque non sono gli artisti a far lievitare i prezzi», Cattelan si vuole ora scrollare di dosso l’etichetta che lo ha identificato come l’artista delle polemiche. «Io non cerco la polemica di proposito. La polemica può essere un ingrediente, ma nemmeno quello essenziale. Per me qualsiasi cosa scateni un cambiamento, una mutazione di sguardo, è arte».
E dove sarà il futuro del visionario padovano, che comunque si è sempre considerato un intruso nel mondo dell’arte? Nell’editoria. Insieme a Pierpaolo Ferrari, Cattelan ha infatti ideato la rivista di fotografia “Toilet paper”, il cui secondo numero è stato lanciato a Milano dalla fondazione Trussardi. «Lavorare a questa rivista mi ha dato una carica che non avevo da molti anni. Non riuscivo a capire come fosse possibile che un magazine mi interessasse più della preparazione di un evento come quello del Guggenheim di New York che in ottobre mi dedicherà una retrospettiva. Poi la risposta è venuta: devo lasciare». Dopo aver letto queste dichiarazioni, il grande dito medio che campeggia davanti la borsa milanese di piazza Affari risuona come un irriverente e laconico addio.
Foto in hp: Efe/Regina Kuhene