Un’occasione per parlare del sottile quanto profondo legame tra arte e scienza, questo l’obiettivo di "Happy tech", macchine dal volto umano. Due appuntamenti, il primo in concomitanza con Arte fiera è stato ospitato a palazzo Re Enzo di Bologna, il secondo a Milano alla Triennale Bovisa.
Tanti i nomi tra i grandi talenti del panorama artistico internazionale, selezionati accuratamente dai curatori Giovanni Carrada e Cristiana Perrella. Da Tony Cragg a Cao Fei, da Tony Oursler a Bill Viola, poi ancora Piero Fogliati, Martino Gamper, Rainer Ganhal, Candida Hofer, Alfredo Jaar, Nam June Paikrmin Linke, Bruno Munari, Vik Muniz, Mark Napier, Pipilotti Rist, Thomas Ruff e Tom Sachs. Avvicinare l’uomo alle tecnologie è forse la sfida principale del secolo in corso, la via per sfruttare al meglio le potenzialità umane. Si pensi, ad esempio, all’efficace quanto banale connubio tra mente umana e computer. La mostra vuole essere lo spunto di riflessione su temi che mettono in correlazione l’arte e la tecnologia e lo stretto vincolo che lega a esse l’uomo.
Tra gli spunti proposti: la tecnologia custode della cultura e della memoria, la creatività nell’arte e nella tecnologia, macchine a somiglianza dell’uomo, i miti del buon tempo andato, l’appropriatezza delle tecnologie, la sostenibilità e molte altre, protese a dissacrare la tecnologia nelle sue rigidità! Leit motiv, cui fanno da capofila i contributi di Bruno Munari e Pietro Fogliati, la tematica del “gioco”, unico strumento in grado di far ricongiungere universi apparentemente distanti: adulti-bambini, uomo-tecnologia. A ogni opera è affiancato un "exhibit" scientifico che consente di approfondire la tecnologia legata al tema dell’opera. In tal modo si offre al visitatore un approccio anticonvenzionale che consente di osservarla sotto il filtro della scienza e viceversa. Seppur a priva vista, l’affiancamento di arte e tecnologia potrà sembrare piuttosto forzato, è bene ricordare la matrice comune dei due termini, per coglierne le attuali assonanze semantiche. La parola, tecnica, infatti, viene dal greco techne, arte (collegato alla poiesis, ovvero alla produzione), e rimanda a una radice indoeuropea, tek, tessere, la stessa da cui derivano, tramite il latino, le parole italiane: testo, tela, ecc. Il passaggio dal greco all’italiano non fu lineare. In latino la parola techne venne sostituita da ars, artis: parola che ha una radice in comune con artus e arma (strumento, giuntura, articolazione).
Fino al 31 marzo
Info: Milano, Triennale Bovisa
Info: 0516489877