Rieti si tinge di giallo

C’era da aspettarselo, soprattutto in barba a chi non avrebbe scommesso nulla, l’appuntamento con il festival Biennale del giallo e del noir tenutosi a Rieti lo scorso 5 e 6 febbraio ha segnato il traguardo del successo. Grandi nomi della letteratura e del giornalismo, ma anche del cinema e del teatro, hanno animato una due giorni volta a far luce su uno stile letterario che fa gola a molti e che non veste solo i panni dei personaggi di Agatha Christie o di Poirot, ma che invece si ramifica negli strati di una società che legge con passione e scrive con altrettanta devozione storie, romanzi, fumetti dal sapore noir rivisitando in chiave moderna il giallo classico.

Da un’idea di Silvia Dionisi e Andrea Petrini, titolari della libreria Moderna con il patrocinio della Provincia di Rieti e la direzione artistica di Lorenzo Viganò, il centro d’Italia ha ospitato per due giorni personaggi come Enrico Pandiani, Tito Faraci, Marco Malvaldi, Massimo Picozzi, Carlo Oliva, Gioacchino Criaco, Marco Polillo e molti altri ancora. Volti noti e della letteratura italiana e del giornalismo nonché dell’editoria che hanno affrontato da diversi punti di vista l’evoluzione del genere letterario, le sue trasformazioni e le sue declinazioni, come ad esempio la sinergia che ha oggi il giallo con i fumetti o con il giornalismo, con le cronache a cui sembrano sempre più attingere le penne degli scrittori di oggi. E poi il ricordo di autori come Giorgio Scerbanenco considerato il padre del noir italiano o il concorso per il miglior incipit letterario che ha visto trionfare una cinquina di sole donne.

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Ad accompagnare il Festival, anche due spettacoli di gran successo, il primo quello di sabato all’auditorium Varrone di Rieti che ha visto Michele Placido, insieme al fondamentale contributo del sassofonista Fabio Mancano, interpretare Luigi Pirandello e poi ancora i versi della Divina Commedia di Dante Alighieri dopo che nella mattinata il regista aveva chiuso la prima conferenza motivando le scelte che l’hanno portato a dirigere il discusso Vallanzasca e spiegando i suoi prossimi appuntamenti come la direzione in Francia di un film poliziesco. L’attore regista si è poi soffermato su quali siano i limiti del cinema di oggi nel quale non sempre è possibile raccontare senza divieti o censure una storia come ad esempio Tangentopoli che a detta di Placido non verrà mai raccontata sul grande schermo fino a che resteranno in vigore delle logiche di potere che corrodono il nostro paese.

Il Festival si è avvalso anche del fondamentale contributo di un gruppo di attori provenienti dall’Associazione romana avvocati alla ribalta che nella seconda giornata hanno allestito e presentato in uno dei palazzi più affascinanti della città il Processo Bebawi, che animò le cronache italiane alla fine degli anni Sessanta e che è passato alla storia come uno dei tanti casi irrisolti le nostre vicende comuni. Scritto da Cinzia Tani e diretto da Luigi di Majo lo spettacolo ha potuto contare sul prezioso contributo dell’attrice Beatrice Palme. «Siamo soddisfatti di questo risultato – hanno detto gli organizzatori della manifestazione Silvia Dionisi e Andrea Petrini – e confidiamo nella possibilità di far crescere questo festival regalando così alla città, che ha risposto incredibilmente bene all’iniziativa, un appuntamento fisso per tutti gli amanti della letteratura di genere». «Attendiamo l’evolversi della storia – è stato il commento del direttore artistico del Festival Lorenzo Viganò – convinti dell’importanza di manifestazioni capaci di regalare ai cittadini un momento di crescita attraverso le testimonianze di scrittori e giornalisti degni di nota». Cornice dell’evento reatino è stata anche la mostra d’arte contemporanea, che proseguirà fino al prossimo 4 marzo alla libreria moderna, Giallo e dintorni dove artisti quali Valentina Crivelli, Adriano Annino, Stefano Bergamo indagano nelle loro opere il genere letterario. Non resta ora che aspettare la terza edizione del Festival biennale del giallo e del noir e sottolineare come Rieti, nonostante tutto, sia una città bisognosa di manifestazioni dedite esclusivamente a diffondere un po’ di cultura che, come è noto ai più, male di certo non fa.