Su calde tinte vermiglie si stagliano teatrali scene oscure. Spunta un corno, una maschera antigas, qualche attrezzo medico, talvolta una testa decapitata. Poi, il centro del mondo dell’artista: la figura umana. I dipinti di Saturno Buttò sono istantanee di godimento per gli occhi. È eccitamento senza pudicizia, temprato solo da un aulico senso di divino e disumano, come se le scene rappresentate fossero l’anticamera di una misteriosa epifania. L’olio che scivola sulla tela permette all’artista di mantenere quel realismo fotografico che lo contraddistingue e gli consente di immortalare meticolosamente i suoi soggetti in atmosfere pagane, talvolta peccaminose.
La donna di Buttò, in particolare, viene concepita come «idolo pagano, una grande madre sempre pronta a risucchiarci nel suo ventre». Sensuali e orrorifiche, dominatrici e vittime di desideri estremi, dove attrazione e repulsione si contendono il primato sui sensi, e dove la torbida curiosità alberga come privilegiata spettatrice. Trovarsi tra le muse inquietanti dell’artista è un viaggio intrigante e seducente che ammalia per la sua sacrale perversione e travalica le frontiere della mente umana al di là della vita terrena, catapultandoci nell’archetipo della paura e della bellezza che Buttò persegue da sempre. «La mitologia e la religione cristiana sono alla base della nostra cultura, e io ne sono affascinato. Un quadro deve essere evocativo e, ponendo l’uomo al centro dell’opera per me è naturale trattare temi legati al corpo e allo spirito. Mal sopportando la bellezza decorativa fine a se stessa, mi ritrovo così a indagare su quello che governa l’intima essenza di ognuno, la sessualità e la spiritualità, compresi gli eccessi e le contraddizioni». Anche il sesso, attraverso il dolore, diviene qualcosa di spirituale, una sorta di catarsi per raggiungere l’estasi. Una martirizzazione religiosa, mischiata con l’elevazione erotica provocata da pratiche sadomasochiste ed estreme. Nelle opere di Buttò ricorre tanto il “medical” quanto il “fetish”, ma compaiono anche il “bondage” e il “pissing”. Tabù che l’artista mette in bella mostra, elegantemente descritti quasi come riti sacrificali, tra misticismo ed eccitamento, tra sacro e profano, dove il corpo umano rimane il protagonista indiscusso. La sua sessualità è disagio, ma più per chi voyeuristicamente la osserva. I soggetti rappresentati sono in pace con sé stessi, liberi dalle costrizioni sociali, sereni mentre sguazzano tra bisturi e forcipi.
«Tutto ciò che è convenzionale mi annoia. Ho sempre ricercato una nota di originalità, e il sesso non fa eccezione. Così ho scoperto le stranezze che stuzzicano la curiosità. Non ho ancora trovato qualcosa di più variegato, bizzarro e divertente della sessualità umana», dichiara l’artista. Buttò dipinge con pennellate cinquecentesche una nuova concezione di mitologia contemporanea, vicino al gusto pittorico di Tiziano, Raffaello, Jan Van Eyck e Rembrandt, ma anche all’inquietudine mossa dalle opere di Francis Bacon. Si abbraccia quest’arte mefistofelica con cautela, per poi restarne intrappolati, catturati da tanta raffinata torbidezza. È così l’animo umano, e Buttò lo indaga nei suoi antri più oscuri, fino a farne emergere paure e desideri arcaici che sottendono intimamente l’uomo di ogni era, peccatore fin dalla notte dei tempi, ammaliato da sempre dal fascino del proibito.
L’ARTISTA
Sesso estremo a tinte cinquecentesche
Saturno Buttò nasce il 14 maggio 1957 a Portogruaro, in provincia di Venezia. Si diploma in pittura all’accademia di Belle arti nel 1980 e, nel decennio successivo, perfeziona la tecnica ad olio nel proprio studio. Da sempre affascinato dalla figura umana, Buttò dipinge con tinte cinquecentesche il sesso estremo, l’esoterismo e la mitologia più nera, sviluppando uno stile davvero particolare. Oggi espone in Europa e Stati Uniti, ma non ha mai abbandonato Bibione, dove vive e lavora. Info: www.saturnobutto.com.