Sessantacinque anni dopo la caduta del Terzo Reich (l’8 maggio 1945 gli alleati sconfissero la Germania nazista) il museo di storia tedesca di Berlino propone al pubblico una mostra per spiegare «in che modo un uomo insignificante come Adolf Hitler, vissuto nell’anonimato per oltre un trentennio, senza aver compiuto studi particolari né vissuto esperienze politiche particolari, si sia trasformato in un “messia”».
A parlare è lo storico Hans-Ulrich Thamer, curatore insieme a Simone Erpel e Klaus-Jurgen Sembach della rassegna Hitler e i tedeschi. Collettività nazionale e crimine. Considerando l’ubicazione del museo di storia tedesca (sorge nei pressi della piazza dell’Opera di Stato, dove nel 1933 i nazisti misero al rogo dei libri) e la particolare delicatezza del tema, il portavoce dello spazio espositivo, Rudolf Trabold, ha tenuto a precisare «di non voler proporre alcun atto di devozione verso i “seguaci” del dittatore».
«Piuttosto – prende la parola Thamer, – vogliamo spiegare i meccanismi di adesione, di mobilitazione delle masse, ma anche di esclusione, che messi assieme hanno tessuto il rapporto tra il Führer e la popolazione». Aperta fino al 6 febbraio, la mostra accompagna i visitatori all’interno di un percorso guidato che si sviluppa in maniera cronologica (con l’ausilio di oltre mille pezzi tra oggetti, libri di propaganda, fotografie e poster raccolti dai curatori) per illustrare la doppia strategia nazista di inclusione delle masse ed eliminazione di categorie “nemiche”. In esposizione anche un dipinto del dittatore e un volume illustrato dal titolo Hitler come non lo conosce nessuno, che raccoglie le immagini scattate dal fotografo preferito del Führer, Heinrich Hoffmann.
Fino al 6 febbraio
Info: www.dhm.de