È aperta a Bologna, fino al 9 gennaio 2011, nella sede della raccolta Lercaro, la mostra Attraverso le tenebre, curata dal gesuita Andrea Dall’Asta, anche direttore della raccolta Lercaro, Gigliola Foschi e Michele Tavola, in cui sono accostati i lavori di tre artisti molto diversi tra loro: Goya, Battaglia e Samorì.
All’inizio della mostra si trovano le incisioni “Desastres de la guerra”, serie di ottantadue acqueforti realizzate da Francisco Goya tra il 1810 e il 1820, che sono uno spietato documento che testimonia la violenza perpetrata dall’occupazione francese della Spagna: mutilazioni, corpi impiccati o impalati, fucilazioni. I disegni appaiono quasi fossero “istantanee dell’orrore”, nelle quali l’artista mostra la malvagità della natura umana e dove la morte appare l’unico esito dell’esperienza umana. L’artista vuole documentare quanto ha visto direttamente o quanto gli è giunto, descrivendo tutto ciò come un racconto di chi è stato protagonista di tragiche vicende ma non esalta e non parteggia per nessuno dei guerreggianti. Ciononostante la sua opera non è una cronaca distaccata ma è partecipazione commossa e sgomenta: Goya vuole mostrare quello che ritiene il vero e perenne conflitto, la lotta fra ragione e bestialità che porta l’uomo, a compiere ogni genere di crudeltà.
Nella seconda parte dell’esposizione, sono esposte le fotografie in bianco e nero di Letizia Battaglia, fotografa di fama internazionale e vincitrice anche del prestigioso premio “W. Eugene Smith award”, che documentano gli “anni di piombo” di Palermo, testimoniando l’atrocità della violenza che lacera la vita della città dell’autrice. Le foto sono una carrellata di volti di bambini e donne ferite nell’animo, come il ritratto di Rosaria Schifani, vedova di un agente della scorta del giudice Falcone, o la mamma di Peppino Impastato, i cadaveri degli uomini di giustizia o dei criminali, i bambini con le armi in mano tra i muri sbreccati dei vicoli di Palermo. È l’uomo il protagonista di queste cronache che sembrano immutate nonostante il trascorrere del tempo. Le fotografie della Battaglia non sono una semplice testimonianza: l’autrice invita a prendere coscienza del male dentro e fuori di noi per combatterlo, per lottare e realizzare una società diversa, che sappia reagire alle tragedie della corruzione e della sopraffazione. Il suo sguardo non è mai distaccato ma abitato da un senso di partecipazione e di sofferenza che parla di vita e le sue immagini sono piene di una compassione che ci rende solidali con la vita degli altri e ci invita a un impegno civile e personale.
A conclusione del percorso dei lavori dei due autori citati è posta una Via Crucis, espressamente commissionata dalla raccolta Lercaro al giovane artista romagnolo Nicola Samorì, che parla con un nuovo linguaggio simbolico, lontano dalla classica rappresentazione della passione di Cristo. Attraverso un linguaggio visionario, l’autore dipinge dettagli che alludono allo sviluppo narrativo delle singole scene, suggerendo la continua lotta tra vita e morte, verità e menzogna, luce e tenebre. La vita non si svolge secondo uno sviluppo lineare ma è un campo di battaglia in cui l’uomo è chiamato a compiere le proprie scelte. La Via Crucis di Samorì vuol portare il messaggio cristiano che Gesù assume su di sé la Croce del male che abita il mondo e il cuore di ogni uomo, per liberarci: Gesù porta sulle proprie spalle il peccato del mondo affinché impariamo a convertirlo in strumento di vita. Il suo è un invito a percorrere cammini di responsabilità nella prospettiva di una civiltà che non si fondi sulla violenza ma sulla condivisione dei valori.
Attraverso le tenebre, tramite le opere pensate e realizzate da artisti diversi, racconta in maniera toccante gli aspetti più cruenti della società in cui hanno vissuto. La mostra è così un modo per riflettere sulla contrapposizione del bene e del male, parlando delle atrocità del mondo, di ieri e di oggi, sottolineando la profondità e la complessità dell’animo umano, nell’intento di individuare percorsi che siano capaci di suscitare nell’uomo il desiderio di un bene rivolto all’intera comunità. La coscienza laica e la responsabilità di un’etica fondata sul cattolicesimo si confondono, anche se per Andrea Dall’Asta, la mostra «non ha senso se non porta a una trasformazione verso il bene, e la rappresentazione della realtà serve per arrivare alla formazione di una coscienza che abbia come punto di partenza la fede cristiana».
Fino al 9 gennaio 2011
San Lazzaro di Savena (Bologna), via riva di Reno 57, 40068
Info: www.fondazionelercaro.it