Dopo i movimentati e glamour appuntamenti estivi il Macro, come un blasonato atelier di moda che si rispetti, apre i battenti per le esposizioni legate alla “collezione autunno-inverno”, accolta puntualmente dai calorosi applausi della stampa. Al via Macro fall 2010: immagini in movimento, un ricco percorso espositivo costituito da ben 12 mostre, a detta del sovrintendente ai Beni culturali del comune di Roma Umberto Broccoli espressione della «strepitosa vitalità del museo», che rivolge alla città un’apertura culturale di ampio respiro.
Tanti i progetti, pur se con pochi fondi e dunque con tanti sacrifici. In un momento storico in cui la minaccia dei tagli alla cultura è incombente, pare non spaventarsi l’assessore alle politiche culturali Umberto Croppi il quale annuncia il suo impegno per le prossime iniziative di recupero di tutti gli spazi in disuso dell’ex mattatoio affinché possano divenire aree vive, aperte a esposizioni e installazioni. Nel quadro dell’ottimismo manifestato da Croppi si è però lasciata intendere la possibilità di un’operazione di privatizzazione del Macro volta a trasformarlo in una fondazione. In dirittura d’arrivo anche i lavori per l’ultimazione della nuova ala della sede di via Reggio Emilia, sulla quale ancora vige il top secret. Il direttore Luca Massimo Barbero ha però anticipato che l’apertura è prevista ai primi di dicembre.
Paragonare il Macro a un atelier di moda non è poi così fuorviante. Si tratta, infatti, di un luogo che nasce e si comporta da vero e proprio laboratorio creativo, la cui linea è da sempre orientata alla diversificazione dell’offerta. In Macro fall tre sono i progetti principali intorno ai quali ruotano gli altri nove. In primo luogo la splendida prima esposizione istituzionale italiana dell’artista inglese Antony Gormley, tra i più apprezzati scultori del panorama internazionale. Ottanta disegni e quattro sculture consacrano il ruolo delle linee come fondamenta imprescindibili della scultura stessa. Linee che migrano dallo spazio astratto riproducendo i movimenti della mano ed esplodono in un tripudio di gesti e segni plastici. Molto interessante anche la testimonianza documentale della sezione Macro radici dedicata all’Attico di Fabio Sargentini (1966-1978), uno degli spazi più all’avanguardia della scena artistica romana. A ricordare Il mare di Pascali, i cavalli vivi di Kounellis e molte altre inenarrabili sperimentazioni di quegli anni, foto, lettere, documenti e video.
Infine, all’insegna di un museo che combatte la crisi, una maniacale raccolta di più di duemila immagini realizzate da Mario Schifano, per lo più scarabocchi senza senso. Splendido l’allestimento che denota la partecipazione di un popoloso staff, cui vanno gli unici meriti del progetto.