Monumentale ma al tempo stesso fragile, grande e piccolo, pietra e cenere. Il Pac di Milano ospita quarantadue opere di Zhang Huan. L’artista cinese fa convivere la friabilità dell’animo, il fluire del tempo, la carica spirituale della materia in un’esposizione che non vuole esaurire tutta la sua opera ma concentrarsi su alcuni temi. La rappresentazione di Buddha si fa ossessiva: un dio umano o un uomo divinizzato?
«La spiritualità di Zhang Huan è universale, vuole uscire dai confini dell’iconografia buddista per esprimere un messaggio che parli all’umanità», dice la curatrice Elena Geuna. Un messaggio che passa attraverso una materia che cambia continuamente stato. «Ogni materiale è uno strumento attraverso cui relazionarsi agli altri, al mondo esterno e alla natura, per confrontarsi con la storia e il passato, recuperare le radici e ricercare l’equilibrio interiore». Tra gli altri, la cenere resta prediletta: «È la traccia di sogni, speranze, preghiere, sofferenze che, una volta ricomposta nei soggetti raffigurati, sottolinea il potere lirico di una dimensione intima, e allo stesso tempo collettiva, del ricordo».
Impossibile non pensare alle gigantesche sculture di Igor Mitoraj, guardando per esempio “Buddha hand”. «Sì, ma la monumentalità di Zhang Huan non è mitologia, bensì strumento per rappresentare l’universalità e la ricchezza dell’esperienza umana; si accompagna alla sperimentazione sui materiali, al riutilizzo di elementi con una forte connotazione storica e alla rivisitazione in chiave contemporanea di antiche tecniche tradizionali cinesi, come la pratica del bronzo battuto e la lavorazione delle pelli». E l’arte italiana quale messaggio riceve dalla ricerca di questo artista? «Zhang Huan – continua la curatrice – è sempre stato affascinato dall’Italia e dall’arte italiana. Una sua importante performance è stata eseguita nei Musei capitolini a Roma: il recupero delle proprie radici diventa punto di incontro e confronto tra Oriente e Occidente, culture antichissime e religioni differenti dialogano tra di loro. Dopo l’inaugurazione, l’artista soggiornerà in Italia per approfondire l’arte degli antichi maestri».
L’ipertrofia che caratterizza le sue opere ha personalizzato anche la curatela della mostra. «La prima volta che ho conosciuto Huan sono rimasta affascinata dall’utilizzo di tecniche e materiali antichi per esprimere un messaggio foriero di significati intrinseci ma contemporaneo. Mi ha sorpreso la monumentalità delle sue sculture, la capacità di ingigantire i dettagli, ma anche l’attenzione alla riproduzione fedele dei particolari, alla compresenza del grande e del piccolo. Questi due concetti ricorrono nella mostra e sono funzionali a esprimere la spiritualità dell’universo creativo di Zhang Huan. La mia volontà è presentare il lavoro dell’artista nel suo insieme, selezionando le opere che meglio rappresentano l’essenza della sua arte, racchiusa nel titolo: “Ashman”, l’uomo di cenere».
LA MOSTRA
Dalle sculture agli “ash paintings”
Milano ospita una personale di Zhang Huan (An Yang City, 1965) dal titolo “Ashman”, uomo di cenere, con 42 opere che ripercorrono la sua intera ricerca artistica. Di forte impatto le sculture monumentali. “Buddha hand”, in particolare, riflette la poetica dell’artista attraverso la sua vulnerabilità alla forza del tempo e del passaggio umano: questi fattori, infatti, favoriscono il cedimento della cenere di cui è composta. Una selezione di “ash paintings” completa l’esposizione: da ricordi personali a commemorazioni collettive, performance, foto e video. A cura di Elena Guna, catalogo 24 Ore cultura – Gruppo 24 Ore. Fino al 12 settembre, Pac, via Palestro 16, Milano. Info: 0276020400; www.comune.milano.it/pac.