La natura secondo de Chirico

La natura è li, esposta allo sguardo, con la sua concretezza e  tangibilità. Andare oltre, come imposto dai dettami metafisici, vuol dire creare visioni inverosimili, falsificando il dato acquisito con interpretazioni fuggevoli. Ma la natura, anche lei così razionale e ferma, diventa relativa nel Novecento, nel secolo delle rivoluzioni e degli sconvolgimenti. Crolla miseramente il positivismo della fiducia e dell’inno alla forza umana. E mentre il futurismo comincia a combattere per affermare la supremazia del progresso e dell’uomo assurto al ruolo di divinità, rappresentando luci, movimenti, macchine e velocità, un pittore italiano sceglie la pacatezza del silenzio e la contemplazione dell’immobilità. La natura comincia ad essere manipolata, in nome del progresso per alcuni, alla ricerca di nuove verità per  altri.

Giorgio de Chirico si inventa un nuovo modo di fare pittura, all’avanguardia come i contemporanei seguaci di Marinetti, ma differente, non urlato e tuttavia di una incisività prepotente. In scena la nuova dimensione occupata dall’uomo, su un palcoscenico in bilico tra deformazioni di tempo e spazio. Le opere di de Chirico entrano così nell’alveo del mistero e del sogno, di una dimensione in cui passato, presente e futuro si accavallano e lo spazio non ha confini definiti. Oltre. Le immagini vanno oltre. E la natura paradossalmente recupera il suo tratto più intimo, quello dell’universale. 

«La natura – diceva de Chirico – può permettersi la prodigalità in tutto, l’artista deve essere in ogni momento parsimonioso. La natura è feconda fino alla confusione, l’artista deve essere invece riservato. Inoltre, è essenziale, ai fini del risultato, di non mettersi a lavorare d’un fiato a un’impressione figurativa definita fin da principio, ma di dedicarsi completamente al divenire della singola parte che si sta dipingendo. L’impressione generale si fonderà quindi su considerazioni d’economia: ridurre l’effetto del tutto a pochi registri. Volontà e disciplina, ecco tutto: disciplina nei riguardi dell’intera opera, volontà nei riguardi delle singole parti dell’opera. Qui volontà e potere in pratica coincidono: chi non può, nemmeno può volere. L’opera si sviluppa dalle singole parti, mediante la disciplina che guarda al tutto».

E questa disciplina artistica ha generato opere immortali. Per saggiarne l’essenza arriva al palazzo delle Esposizioni, La natura secondo de Chirico, una rassegna di opere provenienti da importanti musei d’arte moderna e da prestigiose collezioni private, insieme a una selezione di capolavori appartenenti alla fondazione Giorgio e Isa de Chirico. Nell’arte di de Chirico l’iconografia del naturale trascende se stessa, perennemente investita da interferenze concettuali che ne trasformano le valenze realistiche in direzione di uno straniamento psicologico, misterioso e surreale. Che sia ricondotta a un’armonia primigenia (come nei paesaggi mitologici) o esaltata come apparizione poetica (nelle celebri “vite silenti”), trasfigurata nell’allucinazione urbana delle Piazze d’Italia o rinnegata nelle algide geometrie plastiche dei manichini e degli automi, l’Idea di Natura rimane per l’artista un riferimento poetico costante, anche quando problematico, paradossale o silente. La mostra comprende circa centoquaranta dipinti articolati in sette sezioni distribuite in un percorso ricco e suggestivo. A cura di Achille Bonito Oliva con il progetto di allestimento di Peter Bottazzi.

La Natura secondo de Chirico
Dal 9 aprile all’11 luglio
Palazzo delle Esposizioni
via Nazionale 194, Roma
Info: 0639967500
www.palazzoesposizioni.it

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