Una storia sentita raccontare mille volte. Letteratura, televisione, cinema, teatro hanno ripetutamente illuminato i lati oscuri di una vicenda atroce che nessuno può dire di ignorare, magari anche solo per negarla. Ma la memoria tende a resettare quando nuove storie premono, concediamo sempre meno byte attratti da nuovi orrori, e allora si rivela fondamentale il lavoro culturale, instancabile, che costringe a ricordare.
Il 7 aprile alle 18, nella mostra promossa dal comune di Roma con Aned, alla Casa della memoria e della storia, Jack Sal rinnova un vissuto personale e collettivo già celebrato, a partire dal 1998, a Monaco, con un’installazione permanente in Max Weber platz, una lastra in bronzo posta davanti alla casa che fu abitata dai suoi genitori mentre attendevano il permesso per l’emigrazione negli Stati Uniti.
Jack Sal è nato in America, nel Connecticut, nel 1954. Usa un linguaggio minimalista e concettuale, temi costanti della sua ricerca sono la misura di tempo e spazio che determinano inizialmente una particolare passione per la forma primitiva della fotografia: i "clichè-verre", ora ristrettasi al collezionismo. Sal abita a New York dal 1983, alternandosi con l’Italia in uno scambio continuo di arte e amicizia con esponenti delle due comunità artistiche e questo nuovo lavoro gode così di una doppia presentazione, a gennaio scorso a New York all’Istituto italiano di cultura, e ora qui, a Roma.
Il progetto De/portees – con proiezione del documentario Max Weber platz sul ritorno alla ricerca delle radici dei suoi, prodotto da Aleph Film per Raitre – come racconta lo stesso Sal è nato un anno fa. In seguito all’appuntamento annuale del Primo Levi center per rievocare i nomi dei deportati è sorta l’intenzione di collegare un’attività artistica alla memoria dell’elenco. L’artista ricorda di essersi spesso imbattuto in una certa disinformazione rispetto alla presenza, nel periodo bellico, di centinaia di campi di concentramento in Italia e specifica: «In De/portees il mio intervento consiste nel presentare in tre modi diversi, usando i colori primari, l’elenco dei campi, quello dei deportati e dei luoghi in cui sono stati arrestati. Le proiezioni video, all’interno dello spazio buio della Casa della memoria e della storia, creano nell’osservatore una sensazione di dislocazione psicologica in cui le tre “immagini” con i nomi, luoghi e le pagine del libro forzano l’associazione della deportazione con le sue radici in Italia. La memoria è un tipo di pratica, fa parte della storia, della cultura e della religione. C’è una preghiera ebraica che dice: Ricordati. Indipendentemente dalla religione, tutto il mio lavoro parte dalla memoria, perché è l’esperienza che usiamo per capire lo spazio e il tempo nel relazionarci all’arte».
Le opere di Jack Sal sono presenti nelle collezioni permanenti di: Museum of modern art di New York; Ludwig museum di Köln; Museum moderner Kunst di Vienna; Detroit institute of art; Yale university art gallery di New Haven; International center of photography/Icp di New York; Haags Gemeentemuseum The Hague (Olanda); Museum für kunst und gewerbe di Amburgo; Museum of contemporary photography di Chicago; Stedelijk museum di Amsterdam; Bibliotheque nationale di Parigi; Israel museum di Gerusalemme; Baltimore museum of Art di Baltimora; Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato; International museum of photography/Geh di Rochester (Usa); American academy di Roma; Istituto nazionale per la grafica di Roma, e in altri musei privati e pubblici di Stati Uniti, Germania e Italia. Dal 2009 espone alla Zone contemporary art di New York.
Fino al 30 aprile
Roma, Casa della memoria e della storia
via San Francesco di Sales 5, Roma
Info: 066876543; www.casadellamemoria.culturaroma.it.