I maestri dello scandalo

Man Ray, al secolo Man Emmanuel Rudsitzky, nasce a Philadelphia nel 1890. Robert Mapplethorpe a Long island nel 1946. Li separa più di una generazione, li unisce la passione per la fotografia. Arte che entrambi hanno rivoluzionato in tempi diversi, ma appigliandosi allo stesso strumento: lo scandalo. Additati come pornografici dallo sguardo distolto e nauseato della buona società statunitense, come da copione geni maledetti, sono diventati, non loro malgrado, miti e icone di un’epoca.

Man Ray rese surrealista lo scatto d’autore, l’individuo denudato senza ipocrisie e tabù, spogliato di tutto ma avvolto nella verità, quella che a molti fa troppa paura. Man Ray, poetico e dissacratore, anarchico e fantasioso, esplorò senza ritegno la sensualità dei corpi con tecniche sperimentali come la solarizzazione, il collage e le rayografie. Un maestro per molti, in particolare per l’enfant terrible Robert Mapplethorpe. Anche qui entra in scena il corpo con ritratti di gente che in seguito è diventata famosa (tra cui Andy Warhol, Deborah Harry, e Patti Smith), soggetti sadomaso (che ritraevano da vicino e senza filtri la sottocultura omosessuale di New York di cui il fotografo stesso faceva parte), e studi di nudo spesso maschili e omoerotici, con le notevoli eccezioni della serie di nudo femminile della culturista Lysa Lion. Uno scatto che con Mapplethorpe entrava nell’alveo della scultura classica, forme racchiuse dalle stesse cornici di un dipinto. Raffinato e passionale, il suo è un genere di rottura come lo fu, in altri tempi, il lavoro di Man Ray.

Adesso i due fotografi vengono messi a confronto nella mostra “Man Ray-Mapplethorpe”, per identificare analogie e differenze tra le opere e i punti di vista dei due poliedrici artisti statunitensi. Esposti fotografie, dipinti e oggetti di Man Ray realizzati tra i primi anni ’20 e i primi anni ’70, a confronto con una selezione di 25 lavori dal 1975 al 1986, di Robert Mapplethorpe. Tra queste uno dei numerosi ritratti dei primi anni Ottanta di Lisa Lyon, atletica musa e collaboratrice di Mapplethorpe, contrapposti a “Woman in bondage” del 1928-29 di Man Ray; le “Calle” iconiche di Mapplethorpe del 1983 e quelle di Ray rappresentate attraverso la tecnica della solarizzazione nel 1931; il nudo “Ken, Lydia, Tyler” del 1985 a confronto con la fotografia dell’assemblaggio di oggetti, in cui Man Ray accosta arte classica a geometria “Target” del 1933; il ritratto di Jennifer Jakobson del 1981 a confronto con “La chevelure” di Man Ray del 1929. La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue con testo di Bruno Corà, edito dalla Fondazione Marconi.

Dal 24 marzo al 22 maggio
fondazione Marconi
Via Tadino 15,  Milano
Info: 0229419232;
www.fondazionemarconi.org

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