Le luci di Sherwood

Nato a Londra nel 1984 Rob Sherwood è giovanissimo eppure parla all’immagine come se avesse portato con sé la storia di una classe anni ’70. Alla base delle sue tele che spaziano dai grandi formati fino a raggiungere dimensioni minute di un 35 x 30, Sherwood scompone il paesaggio figurativo immaginario per sottoporlo alla pixelatura di un frame digitalizzato in cui la luce e il colore giocano un effetto assolutamente primario rispetto alla figurazione del soggetto.

Per la sua seconda personale alla Federica Schiavo gallery di Roma, il giovane artista inglese presenterà una nuova selezione di oli, primo fra tutti un trittico largo circa 435 cm e alto più di due metri e mezzo, con il quale Sherwood mette in mostra la sua sensibilità nei confronti di una luce non più naturale, di una luce digitale, quella degli schermi e dei computer. La profondità dell’immagine viene affrontata con una percezione nuova, del tutto digitale, aiutata dalla tecnologia che ce la presenta spesso all’interno di uno schermo. Il contrasto tra luminosità e ombra oscilla nelle emozioni di Sherwood che si lascia affascinare dal passaggio luminescente traducendolo in colore.

Per la prima volta in mostra, presenta poi una serie di "digital print" in cui un intervallo digitale arresta il suo flusso di streaming affermando la posizione attiva del fruitore nell’era digitale: i media cessano di essere informazione casuale di immagini ma con le loro caratteristiche evolutive possono essere registrate, immortalate e questo a discrezione di ogni singolo utente che reagisce su di loro. Ecco che la pratica di Sherwood si focalizza nella rappresentazione di tale sviluppo, che è insieme tecnologico e psicologico: il controllo di un arresto grafico-visivo gli permette di percepire l’immagine nella sua dimensione più schematica, più originaria. Ne scompone i tasselli segmentando il colore: «Nei suoi grid paintings – ha scritto di lui Guy Robertson – l’artista sospende il movimento decostruendo la percezione visiva sotto la luce della realtà digitale». Paesaggi di pixel si estendono ai suoi occhi raggiungendo il mondo dell’arte: digitale e analogico condividono ora nello spazio di una tela.

"Synthetic symphonies: Where i end and you begin"
Fino al 22 aprile
Federica Schiavo gallery
piazza Montevecchio 16, Roma
Info: www.federicaschiavo.com