Caravaggio, sulle tele un velo di mestore

È un velo di mestore quello che copre le 24 tele di Caravaggio in mostra fino al 13 giugno. Un mesto stupore. Fuori da ogni rituale commozione celebrativa, le opere del Merisi esposte alle Scuderie del Quirinale di Roma sono appannate in primo luogo dalla pochezza del numero, motivato dalla ragione di mostrare solo le attribuzioni sicure – ma è proprio certo quel torso di Giovanni Battista? – e peggiorato dall’esporre opere pesantemente restaurate nell’800. Una per tutte L’annunciazione che chiude il percorso espositivo, dove solo con un’immensa buona volontà può riconoscersi la mano del gran lombardo. Mancano, tra le attribuzioni certe, alcuni capolavori come La buona ventura e la vocazione di Matteo, sintesi perfetta, quest’ultima, del portato caravaggesco nel fare e pensare la filosofia della “pittura dal vero”.

Ora, si poteva sfruttare l’occasione dell’anniversario per dare finalmente conto della grande e discussa produzione del maestro morto a Porto Ercole – ma sarebbe pure ora che qualcuno raccontasse davvero come, dove e perché – quattrocento anni fa. Inviso a buona parte dei contemporanei non solo per la mano lesta e il coltello facile ma proprio per quella sua arte che appariva concettualmente avanzatissima e superata allo stesso momento, fuori dalle mode del tempo, e rivalutato agli occhi dei posteri solo da un cinquantennio a questa parte, ma si è scelta la strada di un’esposizione frammentata tra tante e per certi aspetti minore, come l’iconografia della Natura morta scelta come immagine dell’evento ben rappresenta.

E ancora le luci, nel bujore d’obbligo dei saloni, costringono chiunque non sia dotato di dieci decimi a penosi contorcimenti pur di trovare l’angolo giusto di visione delle opere illuminate dai faretti immancabilmente sparati sulle tele, forse nell’idea di ricreare i chiaroscuri cari al nostro. Infine, una certa sciatteria nel corredo didascalico (perché datare fine ‘500 il summenzionato canestro di frutta?) fanno sì che si scenda lo scalone del Quirinale con la mestizia in corpo. E lo stupore? Beh, quello consiste nell’aver avuto a portata d’occhio l’opera, grandiosa, d’un geniale assassino.

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