Fantasie futuribili

Alla fondazione Stelline fino al 13 marzo saranno in mostra due esibizioni all’inglese, quella di Alan Rankle (Oldham, 1952) e quella di Kirsten Reynolds (Cheshire, 1968). Al pianterreno dello stabile Rankle conduce i visitatori in un vortice di colori e sentimenti propri del bambino: quadri come metafore di un sogno dove si annidano e si nascondono fate e gnomi, che dietro a pennellate di colori euforici vivono il riflesso della vita umana. La natura di un mondo immaginario si rende visibile nella rappresentazione paesaggistica creata da Rankle anche quando le gradazioni di colore si mescolano le une alle altre, senza una forma. Esse sono create grazie a un’azione circolare della mano dell’artista, che danno la parvenza a quella dimensione di esistere sul piano reale. Davvero incantevoli i quadri dell’ artista inglese, forse testimone di quella terra dove dimorano creature fantastiche. Non si sa in realtà dove vivano le fate ma alcuni credono in loro e pensano che vivano a volte sopra la linea dell’orizzonte, altre volte sotto i nostri piedi. Nei ritratti naturalisti di Rankle anche in spazi di un’oscurità inaudita, brilla la luce di una cascata incantata.

Nella visione romantica gentiliana, la fantasia acquista un ruolo completamente differente da quello che sta all’opera dell’uomo in quanto attività riferibile ed esprimibile secondo limiti, ma si riversa tutta quanta nell’infinito, dove perciò sovviene una sospensione di giudizio e di analisi. Come si racconta in alcune fiabe ci sono state epoche in cui si credeva che la terra delle creature magiche avesse una locazione ben precisa, reale nello spazio. Kant, considerando la cosa in sé, diceva che essa è inconoscibile e riflettendo sulla fantasia pensava che «l’immaginazione produce immagini senza volerlo». Questa affermazione ha portato a credere ancora oggi che essa sia “la pazza di casa”. Nel diciottesimo secolo, però, la fantasia acquista un ruolo positivo in quanto mezzo creatore. Infatti, per Novalis, essa è “il massimo bene” : «Si tratta di quel senso meraviglioso che può sostituire per noi tutti i sensi. Se i sensi esterni sembra che sottostiano a leggi meccaniche, la fantasia non è legata al presente né al contatto con stimoli anteriori». In Rankle il mondo naturale «è pieno dei più straordinari e misteriosi elementi visibili e invisibili, reali ed immaginari. L’illusione è credere che noi possiamo vedere tutto e sapere tutto. L’arte è una di quei veicoli attraverso i quali possiamo parlare riguardo a cose che rimangono nascoste e al di là della nostra comprensione».

Rankle proviene da una famiglia semplice. La madre nativa dello Yorkshire, appartenente alla classe medio-borghese, formale e metodista, prima di sposarsi era una segretaria in una ditta che produceva macchine per il caffè all’italiana; il padre, invece, era operaio. L’artista si distingueva tra i suoi coetanei per timidezza e allo stesso tempo per il suo carattere ribelle, ha studiato al college d’arte a Rochdale. Ha vissuto a Londra e ora vive e lavora nel sud delI’Inghilterra ma ha contatti anche con Copenhagen.

Kirsten Reynolds è una sua cara amica, condivide con lui varie situazioni artistiche. La Reynolds conduce gli spettatori che visitano il piano inferiore della galleria in un clima completamente differente: li porta nel futuro. Nei suoi quadri, infatti, si mescolano immagini e figure al di là del contemporaneo. Un’artista speciale, all’avanguardia, che conquista già all’apparenza. Nei suoi quadri in prima linea si notano puntini che ricordano briciole verso un avvenire postumo, pillole che scacciano i pensieri del presente, i ricordi e disegnate per trasformare l’individuo dell’oggi. Tracce di fili che sanno condurre anche fuori dalla natura.

Fino al 13 marzo
corso Magenta 61, Milano
Info: www.stelline.it