Jim Hodges, tra le ragnatele dell'amore

Come un artigiano attento e meticoloso, lo statunitense Jim Hodges costruisce le sue creazioni in bilico tra la gioia di vivere e la sofferenza della malattia. Predilige materiali semplici come la carta, le pasticche di colori e i fiori di tessuto, ma non disdegna di impreziosire alcune opere con le foglie d’oro. Elemento onnipresente è il disegno, sospeso, staccato dalle pareti, inserito in una nuova, originale, dimensione. Il preciso lavoro di collage, cucitura, assemblage e découpage è sempre influenzato dai richiami della natura, della letteratura e della spiritualità. Gioco di visioni contrastanti, quelle fondamentali della vita e della morte, riescono sempre a restituite la semplicità accecante della bellezza.

Da oggi la fondazione BevilacquaLa Masa di Venezia, rende omaggio a Jim Hodges con una mostra dal titolo Love, eccetera che raccoglie una sessantina di opere, capaci di dar conto della complessa produzione dello statunitense. L’evento è organizzato dal Centre Pompidou, Musée national d’art moderne di Parigi in collaborazione con la fondazione e il Camden Arts Centre di Londra. Hodges, nato nel 1957 nello stato di Washington, sviluppa, sin dalla fine degli anni Ottanta, un lavoro radicale e originale. Caratterizzata da aspetti molto contrastanti, la sua produzione può rivelarsi sia minimalista, per la sobrietà di alcuni lavori, che barocca per l’esuberanza, la ricchezza dei materiali e l’uso di colori sontuosi e cangianti.

Che si tratti di ragnatele in filo d’argento, o di foto ritagliate, di assemblage di partiture musicali, di fiori appuntati o di specchi rotti, Jim Hodges esprime la sua visione del mondo. «Le ragnatele – scrive il curatore della mostra Jonas Storsve  – sono tradizionalmente associate alle nozioni di malinconia, vecchiaia e declino, ma le tele in maglia metallica di Hodges (fatte d’acciaio, rame o argento) sono di tutt’altra natura. Mentre le tele dei ragni evocano la polvere e lo sporco, le sue sono fatte con elementi di gioielleria o ferramenta, e suggeriscono a un tempo bellezza e costrizione».

«L’amore – afferma invece Angela Vettese – è un gran bel vicolo cieco. Un pericolo seducente. Un delizioso modo di suicidarsi, l’unico per cui valga la pena vivere. Non stupisce che qualche raro artista, lasciando perdere dispositivi di denuncia sociale di dubbia efficacia, ogni tanto abbia voglia di parlarne. Jim Hodges tra questi è meglio di molti altri. L’artista parla d’amore in maniera complessa, con l’apparente souplesse delle canzonette ma la profondità di chi sa cosa sia una mantide religiosa, un amato che non ci riama, il dolore di dovere cambiare pelle pur di piacere all’altro, la ferita narcisistica del non bastare a e stessi, la tortura della gelosia anche retrospettiva – quella che per definizione nessuna promessa su di una piena fedeltà futura potrà mai sanare».

Fino al 5 aprile
Fondazione Bevilacqua La Masa, Dorsoduro, Venezia
Info: 0415207797; www.bevilacqualamasa.it