Messico famigliare, riflessione sulla diversità

Sarà per i recenti fatti di Rosarno, ma questa mostra sembra più che mai appropriata al momento storico che stiamo vivendo ed è un’occasione ghiotta per riflettere sui cambiamenti sociali in atto. L’arte non è una parentesi estetica da consumare nel tempo limitato della visita a un museo, può essere un atto di consapevolezza civile, può aprire nuovi scenari e proporre differenti punti di vista. La creatività al servizio della società, di un pubblico recettivo ai suoi messaggi, soprattutto quando sono orientati alla quotidianità di ognuno, al contesto di una realtà sfuggente e ne diventano un’utile bussola. Per non perdere quindi l’orientamento può servire anche un evento artistico, anzi diventa fondamentale.

La mostra, in programma alla fondazione Merz di Torino, si intitola Messico famigliare e vede protagonisti Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini. L’esposizione è costruita attorno al concetto di famiglia in un percorso che va dalla memoria delle proprie origini alla recente esperienza di genitori adottivi. Gli artisti si interrogano inoltre sulla natura della famiglia mista che si confronta con il contesto sociale di un paese che dimostra sempre più diffidenza e paura verso la diversità. E qui, come si vede, tornano alla mente gli scontri assurdi dei giorni scorsi, indegni episodi per un paese e per un popolo che si riconosce e viene riconosciuto civile. «Il modo in cui ci piacerebbe affrontare la mostra è quello di considerarla come una sorta di lettera a nostra figlia, nella quale raccontare un po’ di noi stessi, del nostro passato, della società in cui viviamo, del nostro lavoro di artisti», spiegano Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini.

«Ottonella e Nicola – afferma la curatrice Francesca Pasini –  attraverso le proprie esperienze parentali, puntano gli occhi sulla famiglia attuale e sui suoi paradossi: non la si ritiene più un luogo chiuso, ma si fa difficoltà a pensarla in modo aperto, funziona ancora come lo schermo tradizionale in nome del quale sanare i conflitti e organizzare il consenso».
«C’è un filo rosso – continua la Pasini – che lega le opere: la decisione di abbassare lo sguardo all’altezza dell’infanzia, cioè al momento primario della costruzione dell’identità e del linguaggio, e porre una domanda che riguarda tutti. Come vogliamo allargare la famiglia parentale a quella dell’arte, del lavoro, degli incontri con culture diverse che abitano nella nostra realtà e in quella che internet ci propone ogni giorno?». Domande complesse, ma non impossibili. Basta il buon senso a dare le giuste risposte.

Fino al 28 febbraio
fondazione Merz
via Limone 24, Torino
Info: 01119719437; www.fondazionemerz.org

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