"All art has been contemporary”: l’opera concetto di Maurizio Nannucci giganteggia sulla facciata dell’edificio e chi passa non può non vederla, non può non desiderare d’entrarvi. Risale al 1999 l’ultimo allestimento della Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, quando sono suddivise cronologicamente le opere dell’Ottocento, al primo piano della sede, e del Novecento, al secondo piano.
Dopo dieci anni l’arrivo del nuovo direttore Danilo Eccher rimette in gioco la disposizione accademica, cercando di mostrarsi più leggero ma non meno profondo agli occhi del pubblico. È forte la volontà d’instaurare quel dialogo tra chi osserva e l’oggetto, comunicazione che mancava da tempo, superando l’esausto concetto di collocazione-opera-cartellino, che spesso lascia senza riflessione. «Si è cercato di sviscerare dal cuore dell’opera il significato e il significante, ragionando sulle 45mila opere collezionate della Gam», ha raccontato Eccher durante l’inaugurazione dello scorso 23 ottobre «e, dalla rilettura di questo enorme patrimonio, è emerso il bisogno di “svecchiare” la Gam con un allestimento dinamico, volendo mostrare quanto più possibile». S’interverrà sull’esposizione permanente di anno in anno per mostrare ciò che è conservato nei caveau. «Si potranno percorrere le sale e trovare un museo sempre nuovo, dove la raccolta si confonde con mostre temporanee, dove si abbatte la visione statica per muoversi attorno all’oggetto, senza rivendicazione storica».
Ma non si corre il rischio di mischiare troppo e generare confusione? Certamente no, dice il neo direttore, perché per il riordino della collezione, lavoro durato quasi due mesi, sono intervenute importanti figure che hanno concretizzato le sue direttive: Antonio Schizzerotto (ordinario di Sociologia dell’università di Trento), Roberto Grandi (prorettore alle Relazioni internazionali dell’università di Bologna), Pietro Montani (docente di Estetica alla Sapienza di Roma) e Giorgio Ficara (ordinario di Letteratura italiana all’università degli studi di Torino). A loro il compito di fornire i temi principali secondo un criterio che coinvolge le loro rispettive discipline. Nascono i percorsi sull’infanzia, il genere, la specularità e la veduta, con introduzioni letterarie che accompagnano il visitatore.
Sul profilo artistico collaborano gli storici dell’arte Ester Coen, Michele Dantini, Maria Teresa Roberto e Carlo Sisi, trattando le implicazioni delle tematiche. Infine, il comitato scientifico della Gam (Danilo Eccher, Riccardo Passoni, Virginia Bertone ed Elena Volpato) sceglie le opere e affronta l’allestimento delle quattro sezioni, mescolando sfumature e contrasti, spingendo la visione oltre l’intensità descrittiva e la materica espressione degli artisti, giocando con le prospettive delle sale lunghe e delle sculture. È dunque possibile veder dialogare l’immagine cosmica dell’Igloo con albero di Mario Merz con la possente forza di Albero di 5 metri di Giuseppe Penone, che a loro volta si specchiano con lo straordinario Aprile di Antonio Fontanesi, dove l’eccellenza della pittura ottocentesca incornicia un albero, simbolo dell’Io che interagisce con l’elemento naturale. E ancora, la visione turbata dell’Amore nella vita di Pellizza da Volpedo si accosta a quella trasognante di Domenico Gatti con Purità, o l’inquietudine di un ragazzino di fronte all’arma di un delitto descritta da Antonio Mancini, Dopo il duello, dinanzi alla narrazione dell’adolescenza di oggi, con le foto di classe scattate da Francesco Jodice, Scuola media Giovanni Verga, 2004-2005. Ma non basta.
I percorsi sono intervallati dalla sala mostre, che vedrà avvicendarsi rassegne storiche, come l’odierna Il teatro delle performance, e da un piccolo museo nel museo: la “Wunderkarmmer”, che contiene le meraviglie dell’imponente fondo, anch’esse presentate con periodicità e che ora sottolinea la raffinatezza di Pietro Giacomo Palmieri. I lavori hanno interessato l’intero edificio della galleria: così il sotterraneo, da sempre dedicato alle personali, ospita l’“Underground project”, luogo di sperimentazione che contiene installazioni e indagini artistiche; la “Educational area”, sala dei servizi educativi, raddoppiata di volume, consegna ai più piccoli maggiore superficie per le attività. Raddoppiata anche la videoteca: una vera project room in cui ogni mese si terranno incontri, anteprime sui nuovi lavori di artisti italiani e internazionali, resa facilmente fruibile perché aperta gratuitamente con un accesso autonomo, per permettere al pubblico di visionare, da postazioni indipendenti, i 3.000 filmati catalogati. Senza contare la continua presenza del bookshop, che vanta numerose pubblicazioni, la caffetteria, con ingresso indipendente, l’archivio fotografico e la biblioteca, specializzati in volumi e immagini d’arte antica, moderna e contemporanea, di critica e museologia, d’archeologia, d’etnografia e di numismatica. Se l’intento era quello di stupire, beh possiamo dirlo: la Gam ci riesce e a Eccher, che l’ha definita «una finestra aperta sul mondo dell’arte», noi non possiamo che dargliene atto. Finalmente più vicina ai grandi musei di fama internazionale e sdoganata dalle polverose collezioni che non hanno pubblico, la Galleria civica torinese si rende più appetibile, sicuramente capace di suggestionare. Ora spetta al pubblico renderle omaggio.
LA SEDE
Una galleria in fondazione
La Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino nasce come museo civico nel 1863, dalla promozione della città di Torino alla raccolta pubblica di arte moderna, presso la Mole Antonelliana. Cambiata la sede, subisce i bombardamenti della Seconda guerra mondiale che ne distruggono l’edificio. Nel 1959 viene realizzato un nuovo spazio, sede odierna, inagibile negli anni Ottanta. Nel nuovo millennio, la Gam entra a far parte della Fondazione Torino musei, sorta per la valorizzazione dei musei civici torinesi. Aperta al pubblico da martedì a domenica, con orario 10-18, in via Magenta 31, Torino. Ingresso 7,50 euro, gratuito il primo martedì del mese. Info: 0114429518; www.gamtorino.it.