Via Margutta straborda di persone, le une accatastate alle altre in una scomposta fila indiana, attente nel seguire il processo carnevalesco prematuro di Luigi Ontani. È il 27 ottobre e quattordici mascheroni colorati sfilano con i loro faccioni di cartapesta in direzione degli studi Patrizi al civico 54, storica sede del Circolo artistico internazionale dove si sarebbe potuto incontrare Puccini, Wagner, D’Annunzio ed Eleonora Duse o addirittura Picasso. La musica che accompagna il corteo è soffocata dal brusìo di gente che si avviluppa per guardare Ontani e il suo irrinunciabile tableau-vivant: un omaggio alla strada e ad alcuni degli artisti più rappresentativi che l’hanno vissuta. Capocomico della parata, il poliedrico artista italiano ha fatto indossare a quattordici ragazzi le verosimiglianze di Nicolas Poussin, Luigi Valadier, Antonio Mancini, Filippo de Pisis, Gino Severini, Nino Franchina, Pablo Picasso, Peter Van Lear, Mariano Fortuny, Nino Costa, Sigmund Episcopo Lipinsky, Federico Fellini, Sibilla Aleramo, Giulio Aristide Sartorio e Giulio Turcato lasciando riconoscere in ognuno di quei volti, il proprio, a sottolineare quel suo edonismo artistico riconosciuto e ironicamente egocentrico.
La parata si conclude davanti alla galleria di Valentina Moncada, regista della performance, dove fino al 30 novembre è stato possibile osservare le singole maschere posizionate da Ontani a ridosso del corteo, sul finire del quale gli attori/artisti si sono raggruppati su petali di fiori interpretando, immobili, il gesto della pittura. A corredare la mostra una raccolta di bozzetti preparatori illustrano le sue scelte grafiche: i segni stilistici che hanno caratterizzato i lavori di ogni artista nel corso degli anni, si riconoscono ora nei tratti somatici del loro volto. Ma perché tutta questa storia, tutta questa attenta descrizione se siamo a ridosso del Natale e da Valentina Moncada si è appena inaugurata una collettiva che ospita tre artisti slovacchi? Le faccione di Ontani sono da oggi visibili al Macro di via Reggio Emilia, esposte nella hall dell’ingresso, sottolineano il ruolo attivo che il museo sta lentamente conquistando all’interno della capitale, dialogando con la contemporaneità dell’Enel e di Doug Aitken fino a un attuale storicismo tutto romano.