Palazzo Fabroni, dialoghi contemporanei

Sono molte le ragioni per le quali scegliere dI concedersi una sosta novembrina a Pistoia. Capitale del blues tra le maggiori d’Europa grazie a una celebre e longeva rassegna estiva; famosa in tutto il mondo per i suoi meravigliosi vivai di piante ornamentali, la città che ha dato i natali a Sigfrido Bartolini e Marino Marini, al regista Mauro Bolognini, al dissacrante vignettista Vauro, si candida a diventare una delle mete di riferimento per l’arte contemporanea in Toscana. Quello che di recente ne ha ridefinito i contorni di città d’arte, al di là del suo grande patrimonio artistico e architettonico, è stato il recupero di uno dei palazzi più antichi della città e la sua graduale trasformazione, partita già negli anni Novanta, in centro dedicato alle arti visive contemporanee.

La storia di palazzo Fabroni è una storia che parte dal Medioevo e attraversa varie epoche, passando dalla completa ristrutturazione settecentesca per volere dei Fabroni – la famiglia a cui deve il nome, che lo acquistò dai nobili Dondari all’inizio del XVIII secolo – e subendo dubbie trasformazioni tra Ottocento e Novecento quando, ceduto all’amministrazione comunale, conobbe modifiche ulteriori e destinazioni d’uso non appropriate. Dopo aver ospitato la Sottoprefettura, la federazione pistoiese del partito fascista e, nel secondo dopoguerra, una scuola media, già dagli anni Novanta, a seguito di un primo ciclo di restauri, una parte del palazzo è stata destinata a sede espositiva, conoscendo una programmazione continua e coerente grazie agli sforzi del suo curatore, Bruno Corà. Nel 2003, poi, la nuova virata verso un restauro e una ristrutturazione più organica, grazie ai finanziamenti concessi dalla regione Toscana per l’adeguamento museale dei palazzi storici. Infine la riapertura, nell’ottobre 2007, con la mostra monografica di Claudio Parmiggiani.

Oggi palazzo Fabroni si presenta come un luogo nuovo e vivo che dispone di una nutrita e interessante collezione permanente, costituita nell’arco di circa trent’anni, e che può vantare come nuovo curatore scientifico un nome di prestigio come quello di Ludovico Pratesi. Critico d’arte, collaboratore di Repubblica, di Inside art, giurato del Talent prize, direttore artistico del Centro arti visive Pescheria di Pesaro, direttore della fondazione Guastalla di Roma, consigliere dell’Amaci (Associazione dei musei di arte contemporanea italiana), a cui di recente ha aderito lo stesso palazzo Fabroni, e presidente della sezione italiana dell’Associazione internazionale critici d’arte, Pratesi esordisce a Pistoia nel suo ruolo di curatore scientifico con una mostra dall’esplicito titolo Arte/natura-Natura/arte, coadiuvato dall’esperta di arte ambientale Adriana Polveroni. «La mostra – spiega Pratesi – riunisce sedici opere degli artisti più presenti nel paesaggio toscano con opere permanenti. Sono opere che hanno a che fare con una riflessione legata all’ambiente, alla natura e allo spazio fisico, suggerendo il pensiero dell’artista intorno a questi temi, e che nei tre week-end centrali del mese di ottobre si è sviluppato anche fuori dal museo in sei itinerari per andare a visitare le opere permanenti disseminate nel paesaggio toscano».

«La mostra – continua il curatore – prevede due parti complementari, una all’interno di palazzo Fabroni e l’altra in località ambientali o urbane della regione. L’interesse dell’artista per natura, ambiente, spazio, viene evocato nelle opere presenti nel museo, poiché abbiamo scelto delle opere in cui questa relazione è particolarmente evidente». Le sale del piano nobile di palazzo Fabroni riuniscono alcuni artisti (Luciano Fabro, Mauro Staccioli, Robert Morris, Hidetoshi Nagasawa, Mimmo Paladino, Anne e Patrick Poirier, Daniel Spoerri, Daniel Buren, Vittorio Corsini, Antony Gormley, Joseph Kosuth, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Luigi Mainolfi, Eliseo Mattiacci, Mario Merz) che hanno contribuito a fare della Toscana uno dei luoghi in cui è più elevata la presenza di opere d’arte contemporanea nel contesto ambientale e urbano. «La Toscana – prosegue Pratesi – si è interessata al rapporto tra l’arte e il paesaggio fin dal Rinascimento, e il territorio si è sempre distinto per la presenza di importanti operatori e collezionisti. Credo sia stato questo aspetto a fare la differenza».

Una differenza consolidata poi a partire dagli anni Settanta, quando si sono fatti più intensi e articolati gli interventi artistici di natura permanente o temporanea sul territorio. Sui progetti in cantiere a palazzo Fabroni per i prossimi mesi, al termine di questa importante esposizione, Pratesi mantiene il riserbo, limitandosi a dire che si tratta di mostre tematiche e antologiche. È noto, però, che intenzione primaria del curatore sia far in modo che palazzo Fabroni sia non solo uno spazio espositivo, ma un luogo in cui riflettere sull’arte contemporanea e la sua complessità, cercando di rendere sempre più stretto il legame tra il museo e la sua città.

LA MOSTRA
Arte/natura-Natura/arte 

Arte/natura-Natura/arte riunisce le opere di sedici artisti che sono presenti nel paesaggio ambientale e urbano di almeno due località toscane. La mostra si propone come un momento di approfondimento sulla presenza dell’arte ambientale in Toscana e mette in luce il rapporto dell’artista con l’ambiente, sia esso inteso in senso naturale o concettuale. Di notevole interesse il catalogo (Gli ori, 144 pagine, 20 euro), al cui interno le molte immagini relative alla mostra sono accompagnate dai testi di artisti e curatori che affrontano il tema dell’arte ambientale da molteplici punti di vista. È visitabile dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 18. Fino al 29 novembre, palazzo Fabroni, via Santa 5, Pistoia. Info: 0573371296; [email protected].

LA SEDE
Storia millenaria  

La storia di palazzo Fabroni risale al XIV secolo. Il nucleo iniziale, di modeste dimensioni, era costituito da una tipica casa-torre, di proprietà della famiglia Dondori. Alla metà del Settecento, per volontà del nuovo proprietario, Atto Fabroni, il palazzo fu ampliato con l’annessione di case adiacenti. Nel 1842 fu ceduto alla comunità civica di Pistoia, che lo destinò a usi diversi che ne mortificarono la bellezza. Restaurato in più fasi (l’ultima nel 2003), oggi appartiene al complesso dei Musei civici diretti da Elena Testaferrata, ed è un prestigioso centro dedicato alle arti visive.