Cerny, gli inestetismi del comunismo

Sovversivo, stravagante, eccentrico, entusiasta, talvolta ingenuamente infantile, ma di sicuro grande umorista. Queste solo alcune delle qualità dell’artista ceco David Cerny – in mostra alla Co2 gallery di Roma da sabato 21 novembre – che appena lo scorso gennaio è stato capace di rivolgere all’Europa intera un acutissimo bluff. Proprio in occasione della Presidenza ceca dell’Unione Europea, all’artista era stata commissionata un’istallazione che prevedeva la collaborazione di altri 27 artisti appartenenti agli altri paesi. Al momento dell’inaugurazione dell’opera, proprio davanti palazzo Justus Lipsius, sede del Consiglio Europeo a Bruxelles, Cerny divertito ha rivelato alla stampa e agli organizzatori che l’opera non era stata realizzata dai 27 autori internazionali (come prevedeva l’accordo iniziale), ma solo da lui e dal suo sarcasmo.

Attonito l’ufficio stampa dell’Unione, che fino al giorno prima aveva distribuito il comunicato ufficiale dotato di biografie e descrizioni dei 27 artisti europei mai esistiti. Ogni singolo dettaglio è stato ideato dalla fervida fantasia dell’artista, che per rendere tutto più plausibile aveva provveduto persino alla creazione dei siti internet di ciascun artista. Le reazioni all’impavido scherzo non si sono attenuate davanti all’opera Entropa.
 Un enorme kit, composto da tutti i paesi europei, tipizzati nei loro stereotipi. Nessuna esclusa, ogni nazione si è trovata investita dal clichè più scomodo, e così un’Italia a forma di campo da calcio ricoperta di calciatori in preda a pulsioni sessuali, una Bulgaria sovrastata da una latrina alla turca, una Romania stravolta come un parco di divertimenti di proprietà del Conte Dracula, e ancora una Spagna in fiamme, una Svezia impacchettata Ikea, una Francia in sciopero, una Germania piena di autostrade confluenti in una svastica.

Ma Cerny non è solo l’artista irriverente che per megalomania vuole prendersi gioco del mondo, in lui vi è uno strano binomio dato dall’amarezza per un governo chiuso e accentratore e il forte desiderio di ironizzare e sdrammatizzare quegli ormai superati lati scuri del regime sovietico. Cerny ha infatti vissuto di persona gli anni dell’epoca socialista e la Rivoluzione di velluto ("sametová revoluce"), in un paese, la Repubblica Ceca che oggi festeggia i venti anni dalla caduta del socialismo; le sue opere, talvolta in modo più manifesto, talvolta più indiretto, sono velate da una patina sarcastica e si fanno emblema di uno spirito di rivalsa. A chi gli chiede quali sono stati gli effetti del comunismo sull’architettura della città, non esita a rispondere che il paese è stato rovinato e totalmente distrutto dal punto di vista esterno ed interno, moralmente ed esteticamente. Ricorda gli atroci blocchi di cemento, marchio del comunismo, che sempre più giustificano i suoi interventi cittadini sopra le righe, come dipingere il carro armato simbolo della “liberazione” nazionale di rosa. Si lamenta del fatto che un’autostrada sventra il cuore di Praga, una tra le tante follie nella gestione dello spazio urbano. Ancora amareggiato, parla di come fu rigettato un suo progetto proposto in fase di campagna elettorale: «Avevo disegnato un gigante per la parte superiore del Teatro Nazionale e ci sarebbe dovuta essere dell’acqua che veniva spruzzata dal suo pene – dice l’artista – il direttore del teatro è stato talmente vigliacco che ha abbandonato il progetto. La scultura doveva esser esposta subito prima del referendum con il quale la Repubblica Ceca sceglieva se entrare o meno nell’Ue. Ho voluto provocare i nazionalisti. Il presidente Klaus era decisamente contro all’epoca. In generale Klaus è un idiota. Quel progetto era il mio modo di mostrare una nazione piena di idioti». In maniera estremamente provocatoria esterna un coraggioso dissenso contro un paese, che ancora dopo 15 anni discute sull’opportunità di pubblicare i documenti della polizia segreta, a riguardo impreca: «Fosse stato fatto subito dopo la caduta del comunismo avremmo evitato anni di speculazione su chi sia stato un agente dei servizi segreti e chi no. Ci sono casi di persone torturate, è ovvio, o che hanno firmato il contratto per collaborare con i servizi abbandonando immediatamente la nazione. Ci sono stati anche quelli che, torturati, hanno finito per firmare prima di avvisare tutti i loro amici di quanto stava succedendo. E ci sono anche persone che oggi sono viste come rispettabili dissidenti che firmarono e tradirono i propri amici mandandone molti in galera. Le informazioni su queste persone dovrebbero essere rese pubbliche». In lui la speranza di poter trovare, almeno per lo spazio urbano delle soluzioni più intelligenti, laddove vede l’inerzia da parte delle autorità, e la mancanza di un progetto coerente. Una battaglia infinita contro le istituzioni che lo hanno talvolta privato di progetti che aveva regolarmente vinto tramite gare d’appalto, solo perché, citando Fidel, sostiene che «un buon comunista è un comunista morto».

Tra disincanto, dileggio e ironico cinismo, è comunque riuscito a palesare il suo messaggio nel mezzo di una piazza del centro di Praga, dove è stata esposta una fontana da lui scolpita, raffigurante due uomini che fanno la pipì in una pozzanghera a forma di Repubblica Ceca.

Fino al 27 febbraio
Co2 contemporary art, borgo vittorio 9b, Roma,
Info: 0645471209; www.co2gallery.com.