Dal Pci all'estetica (non filosofica)

Dal Pci all’estetica (non filosofica). La storica sede della Bolognina diventerà un centro estetico. Perché meravigliarsi? Vediamo di ricordarlo. Il 12 novembre 1989, in occasione del 45° anniversario della battaglia della Bolognina, il segretario del Pci, Achille Occhetto annunciava a sorpresa il declino del partito con un discorso indirettamente inequivocabile: «Gorbaciov ha incontrato i veterani della seconda guerra mondiale dicendo loro: voi avete vinto la guerra, e se ora volete che non venga persa, è necessario non conservare, ma avviare, grandi trasformazioni. Da questo – aggiunse il segretario – traggo l’incitamento a non continuare su vecchie strade ma a inventarne di nuove, per unificare le forze del progresso.

Dal momento che la fantasia politica in questo fine 1989 sta galoppando, nei fatti è necessario andare avanti con lo stesso coraggio di allora, con il coraggio della resistenza».
A chi gli chiedeva se il Pci avrebbe cambiato nome, il segretario rispose «tutto è possibile». Svolta epocale. Il senso delle parole di Occhetto fu immediato e per molti militanti fortemente negativo. Molti dirigenti della “vecchia guardia” ritennero errata la nuova scelta occhettiana la quale, da una parte, disintegrava l’identità politica collettiva con il cambio del nome e, dall’altra, rompeva con la storia del partito. Non solo. L’annuncio della “Svolta” senza nessun preavviso e nessun confronto, produsse forti critiche anche da chi, pur condividendone la politica non accettò il braccio duro di Occhetto. «Per la prima volta nella storia del partito il dissenso si palesò apertamente a livello di base e di organismi dirigenti e si tradusse in una vera e propria spaccatura.» scriveva Vittoria Albertina nella sua Storia del Pci.

Di lì a poco con il XVIII congresso del partito un’intera classe dirigente venne sostituita. La nuova segreteria del Pci fu composta da giovani “quarantenni”: Piero Fassino, Fabio Mussi, Claudio Petruccioli, Walter Veltroni, Marcello Stefanini, Livia Turco; mentre uscirono di scena “gli storici” non concordi con la linea occhettiana. Dimissioni spontanee per Pietro Ingrao, Luciano Lama, Adalberto Minucci, Paolo Bufalini e Giovanni Berlinguer.

Cercare di analizzare quali furono gli effetti di quella svolta resta tuttora difficile. Una cosa è certa, le “nuove strade” auspicate da Occhetto, necessarie ad imprimere, a quello che era stato il movimento comunista, una nuova forza, non portarono a nient’altro se non al disfacimento del più grande partito di massa che il paese abbia mai conosciuto. Ma la storia va avanti e di quella giornata come dell’importanza della sede pochi se ne preoccupano oramai. Vent’anni fa in Via Tibaldi 17 calava il sipario sul Pci. Oggi si rialza su un centro estetico; il comune ha abbandonato gli uffici di quartiere della svolta, nella zona più rossa di Bologna. Magari qualche targhetta fuori a ricordare quel 12 novembre 1989 e poi smalti, cerette, massaggi e lampade abbronzanti. C’è allora qualcosa per cui meravigliarsi? Decidete voi.