La fratellanza è nell'epidemia

Il maestro Elio Marchegiani ripropone, a quarant’anni di distanza dall’installazione della storica galleria Apollinaire di Milano, il suo lavoro La fratellanza è nell’epidemia. E continua a giocare, a stupire, a disorientare.

Roma centro, galleria Delloro. Novemila mosche compiono il proprio ciclo vitale sotto 350 calici di vetro, preparandosi al momento in cui verranno gettate nel Tevere così come era avvenuto nel Po nel 1969. L’epidemia diffusa da quella che Celli definì «musca domestica, insetto ubiquitario e cosmopolita, ministra del contagio» è, nel pensiero dell’artista siracusano, l’unico momento comune a tutti gli esseri, che si sentono fratelli solo nella condivisione del contagio. È la contaminazione come vera giustizia sociale.

Venerdì scorso, la sera della vernice fuori dalla galleria e lungo tutta via del Consolato, sciami di persone tra collezionisti, amici, galleristi e giornalisti si contendono le attenzioni del maestro. Compiuti i cinquant’anni di carriera e gli ottanta effettivi, Marchegiani non sbaglia un colpo. Vivace e ed eclettico, con la battuta sempre pronta. «Oltre a Carola, mia moglie, convivo con altre due fantastiche signore, signora Ironia e signora Casualità», svela, ridendo sotto i baffi bianchi che più bianchi non si può. E in effetti, così come la sua vita, anche la sua arte è permeata da queste due costanti. Continua: «Siamo nel quarantennale dello sbarco dell’Apollo 11 e io ricordo, in questi giorni, come fu proprio una mosca la causa scatenante della malattia di quel tipo col nome impronunciabile (Schweickart), ammalatosi mentre era nello spazio. L’Apollo 9, multiplo di tre, numero perfetto, avrebbe dovuto aspettare».

All’improvviso si blocca, saluta con un cenno della mano un signore dalla faccia simpatica, e mi introduce a lui. Poi si eclissa nella folla. Nel giro di dieci secondi dieci, mi ritrovo a dialogare con Enrico Sirello, pittore e scenografo. Racconta: «Elio e io ci siamo conosciuti a diciott’anni, l’amicizia ci lega da tanto ma la nostra arte è molto diversa. Lui gioca con la casualità, io cerco di superarla per trovare la regola».

Un’ultima domanda a Marchegiani in posa statuaria per una foto, il dito sulla base di uno dei calici capovolti: «Lei che crede nelle profezie, maestro, pensa che i Maya avessero ragione a predire la fine del mondo nel Duemiladodici?». «La cosa non mi stupirebbe, mia cara – ammette – e comunque io sarò già morto, quindi sono xxxxx vostri». L’installazione è visibile fino al giorno 11 ottobre.

Info: www.galleriadelloro.it.