Un po' porno

Uno scatto di Alessandro DidoniLa carne, ultimamente, si sta facendo davvero troppo virtuale. Strano, perché sociologi, psicoterapeuti, pornografi pentiti e maestri d’aria fritta c’insegnano invece, dall’alto delle loro ministeriali poltrone in pelle umana, l’esatto contrario. «Siamo invasi», dicono. «Non se ne può più», starnazzano. «Come cresceranno i nostri figli?», si domandano logorroici uno con l’Avvenire sotto il braccio sinistro, l’altro col Giornale sotto l’ascella destra. In pubblico amanti del bello, in privato di bocca buona.
 
Invece la realtà – cacchia cacchia – si nasconde purulenta sotto sotto, fra uno starnuto dello stallone Franco Trentalance e un traversone di Francesco Totti. Tanto da aver innescato un fenomeno, questo sì, spaventoso e inquietante, eppure mollaccioso come la pappagorgia di Prodi: lo sdoganamento della pornografia, del tutto disinnescata della sua aura trasgressiva eppure magicamente risorta come nuovo campo di sperimentazione. Commerciale, estetica, sessuale (i gay, per esempio, in pubblico sono bombacartati: solo nel porno e nell’arte contemporanea trovano rifugio). E pure artistica.

Come dimostrano gli scatti del milanese Alessandro Didoni alla birichina Lola Ferri, procace ventottenne da Udine – nota a un pubblico ristretto ma esigente per i conturbanti La donna di mio padre e L’estetista –  e star emergente di quel mondo (un po’) porno che è ormai il più eclatante caso di discriminazione industriale della penisola italiota. Di cui ci si accorge solo ora che la rete lo sta ammazzando. E che tuttavia, a ben pensare, costituisce un pianeta assai più genuino di quel mesto mercato bovino che prende vita ogni giorno sulle nostre tv, caricato a pallettoni di carne nudissima eppure puzzolente come una macelleria messicana. Carne morta, ciclostilata, rigorosamente liofilizzata, pedofila direbbe qualcuno (come la società tutta, aggiungerebbe un altro).
 

Insomma: il nudo da Banana republic, una formula che contunde, invece di invitare al generale sollazzo. Ecco quindi il cortocircuito, da cui le foto di Didoni (nate nella spontaneità bucolica, fra braciole e bruschette, come il fotografo racconta di suo pugno qui sotto) sono diretta gemmazione: lo stato comatoso della società sta aprendo all’orgoglio femminile nuovi orizzonti artificiali. Come dire: per dire o fare qualcosa di diverso si fruga dappertutto, in un passo brevissimo che dal ’68 c’ha traghettati verso il più godereccio 69. Fra questi lidi c’è quello pornografico, sul quale c’è poco da storcere il naso e molto da leccarsi i baffi. D’altronde, se per mesi e mesi ci siamo sorbiti una solfa che canticchiava una roba tipo “Ma quando viene sera / tu mi parli d’amore / e guardandomi negli occhi / mi fai sentire davvero / una donna un po’ porno”, un motivo deve pure esserci. O no?

Gli scatti di Lola – La cronaca dell’incontro
di Alessandro Didoni

La contatto su Facebook e le dico come vorrei fotografarla.
La sensualità e l’erotismo che si fondono con la dolcezza e la purezza.
Lei accetta, l’idea le piace.
Lola sa sedurre con la semplicità e l’umiltà di una ragazza intelligente.
Ama esibire il suo corpo, naturale ed esuberante.
Una di quelle persone che ti mettono subito a tuo agio col sorriso e la buona educazione.
Uno sguardo ammaliante e una voce suadente.
La raggiungo in Friuli dove vive in una casa di campagna.
Mi accoglie lei con occhiali Dior e tutina rosa (una favola) e la mamma, una deliziosa signora sorridente e ospitale.
Dal retro della casa si esce in un enorme prato verde con un orto sulla destra. Nel giardino raggiungiamo il fidanzato di Lola, che mi aiuterà ad allestire il set, e altri amici.
Mi ritrovo al tavolo con persone cordiali e simpatiche, davanti a birra, gelato, aperitivo e bruschette.
Mi rilasso, come fanno i milanesi quando cambiano aria e scappano dal cemento e dallo smog.
Quella sensazione piacevole di conoscere gente nuova.
Per le foto devo aspettare il buio, perché le faremo all’aperto.
E così il pomeriggio scorre in fretta, montiamo la coppa gigante, sistemo le luci e mentre alcuni preparano la carne alla brace io e Lola iniziamo.
Lei è brava, entra nella parte e con naturalezza fa un bagno nel latte e una doccia di miele.
Accarezza il suo corpo, si muove con classe.
Assapora e si culla nelle sensazioni.
E’ a suo agio, ha una predisposizione a mettersi in gioco.
Quando finiamo la mamma aiuta Lola ad asciugarsi e a lavarsi via i chili di miele che si è versata addosso.
Poi ci dice di andare a mangiare la carne che è ancora tiepida.
Resto a dormire a casa sua dopo una doccia, e l’indomani mattina riparto per Milano.

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