Palma Bucarelli, l’avanguardista

Fermezza, perseveranza, intuizione, severità e genialità insieme. Da molti criticata, da altri adorata per la sua bellezza e per la sua bravura, per il suo sguardo deciso e per quella classe innata che non si vuole fare insegnare nulla da nessuno.

Alcuni la definirono la futurista di Valle Giulia, per molti rappresentò un ostacolo. Eppure, tirando le somme, il risultato resta unanime: Palma Bucarelli è stata la signora dell’arte.

A capo della Galleria nazionale d’arte moderna di Roma per più di trent’anni, segnò una svolta radicale nel panorama artistico capitolino e non solo.

Restia all’omologazione, al conformismo e al gioco di ruoli che nell’Italia degli anni Quaranta divideva bene il gruppo maschile e lavoratore da quello femminile e reverenziale, riuscì a “portare i pantaloni” come e meglio degli uomini. Durante la sua direzione la Gnam conobbe un periodo di reale e veritiera crescita artistica.

Dal 1942, dopo aver conseguito la laurea in lettere e filosofia ed essere stata allieva di Adolfo Venturi, divenne direttrice e sovrintendente della Galleria nazionale d’arte moderna. Traguardo che raggiunse dopo ben nove anni di tirocinio nell’Amministrazione delle antichità e Belle arti del ministero della Pubblica istruzione.

Cambiò radicalmente la concezione del museo, togliendogli gli abiti di puro e semplice contenitore di opere artistiche e vestendolo con i panni multiformi della galleria espositiva e punto di incontro non solo tra esperti del settore ma anche tra artisti e pubblico. Ridisegnò la fisionomia di una galleria anonima in due edifici, quelli di viale delle Belle arti, che iniziarono a trasudare contemporaneità.

Capace di un’ottima diplomazia e di un’altrettanta spregiudicatezza, riuscì ad avere dalla sua parte le gallerie più importanti della capitale e di conseguenza, di volta in volta, l’appoggio politico necessario. Era dotata di una sensibilità umana capace di farle comprendere le personalità che aveva di fronte e, senza troppa meraviglia, incline a cogliere le potenzialità artistiche di giovani pittori e scultori che se al bel mondo romano non dicevano nulla rappresentarono poi la fonte del suo successo. Uno tra i tanti talenti scoperti e coltivati fu Alberto Burri.

Educò la galleria come se fosse un figlio, la fece crescere anche grazie alla squadra di cui si circondò e durante la guerra riuscì a mettere in salvo opere di indiscusso valore artistico, come quelle rubate e nascoste tra Castel sant’Angelo e il castello di Capriola che oggi la Gnam ha il pregio di poter esporre.

Attenta all’arte nuova, astratta informale, a quella americana ed europea a cui guardava con grande interesse portò a Valle Giulia la mostra di Picasso nel 1953, quella di Piet Mondrian tre anni più tardi e quella di Jackson Pollock sul finir degli anni cinquanta.

Nonostante le polemiche, le critiche rivoltele per la gestione della galleria e per le scelte artistiche, le accuse di eccessiva esterofilia mosse da Giorgio De Chirico, che imputava alla Bucarelli di tralasciare la tradizione artistica italiana preferendogli quella di altri paesi, nonostante gli scontri con Renato Guttuso, riuscì di fatto a vedere dove gli altri ancora non guardavano.

E il risultato fu solo uno: regalò a Roma una galleria all’avanguardia. E oggi quella galleria le rende omaggio.

Nel centenario dalla sua nascita, infatti, la Gnam dedica la  mostra Il museo all’avanguardia alla figura della sua storica direttrice. Oltre 150 opere divise tra sculture, fotografie, dipinti che ripercorrono le scelte fatte dalle Bucarelli e tra le quali compaiono tele e sculture di Fontana, Schifano, Burri, Morandi, Pollock, Klee, Modigliani, Capogrossi e tanti altri. E nel guardarle, alcune domande balzano alla mente: sarebbe stata diversa la Gnam senza la Bucarelli? Forse sì. Migliore? A voi la risposta.

Galleria Gnam
Fino al primo novembre
Info: www.gnam.beniculturali.it