Un punto su Arte Fiera 2019

Una sezione principale e una dedicata alla fotografia e alle immagini in movimento, un padiglione sull’arte moderna e uno sull’arte contemporanea, 141 gallerie in totale, cinque progetti curatoriali e quattro mesi per il nuovo direttore artistico per mettere in piedi tutto questo. Arte Fiera oggi chiude la sua 43esima edizione, con la voglia di lasciarsi alle spalle il passato e la speranza di aver posto le basi per rinascere. Con l’invito da parte di Simone Menegoi a presentare un massimo di 3 artisti per gli stand piccoli e medi, fino a 6 per quelli più grandi, doveva arrivare una prima ventata di cambiamento. I galleristi infatti sono stati messi alla prova per mettersi in gioco sulla selezione dei loro artisti migliori. Partendo da qui, c’è chi ha accolto la sfida scegliendo di osare, chi invece è rimasto nella propria comfort zone.

Si inizia dalle gallerie principalmente dedicate all’arte moderna. Proposta interessante quella di Piero Atchugarry, tra le pochissime gallerie internazionali, insieme all’artista brasiliano Tulio Pinto, che con il suo lavoro trasformazionale in vetro e acciaio ha nettamente incuriosito il pubblico. D’altronde le monografie non sono mancate, come Rolando Anselmi che ha portato Gianni Pellegrini, Spirale Giosetta Fioroni o Deniarte Piero Dorazio, ma su tutto ha prevalso la tendenza alla conservazione. È il caso delle gallerie Tega, Tornabuoni, Russo, Mazzoleni, Contini, di cui però non c’è da stupirsi, dal momento che hanno una linea su cui hanno fondato la loro carriera. D’altronde camminare in mezzo alla genialità di Burri, De Chirico, Christo, Modigliani, Valdés, Isgrò ha un valore in sé. Tuttavia, è sempre possibile dare un taglio particolare alla propria proposta, come ha fatto Repetto Gallery mettendo l’eleganza come protagonista del proprio stand, e dando una nuova luce a Fausto Melotti e Osvaldo Licini, lontani dall’essere ignoti. Spicca su tutti la stupenda monografia di Massimo Vitali alla Mazzoleni, seguita da Operativa con Paolo Cotani. Bei regali sono stati Phil Sims, raro da trovare in fiera, a Osart, ma anche le mirabolanti statue di carta di Li Hongbo della Flora Bigai.

Lato arte contemporanea, qualche segnale da parte delle gallerie è stato mandato. La Monitor è tornata dopo 10 anni di assenza dalla fiera, con Elisabetta Montessori. Da Vienna è arrivata la Ermes-Ermes, per la prima volta a Bologna con Nicola Pecoraro. Hanno partecipato anche le ideatrici di Qui dove ci troviamo, Federica Schiavo, Tiziana Di Caro e Norma Mangione, rispettivamente con Patrick Tuttofuoco, Sissi e Bernd Ribbeck. Via vai di gente e vendite chiuse per Monica De Cardenas, con il protagonista del MAST, Thomas Struth, ma anche Francesca Antonini e Sara Zanin. Tra le proposte monografiche più interessanti, gli specchi onirici di Antonello Ghezzi allo Spazio Testoni e gli scatti di Luca Lupi alla Cardelli & Fontana, di Paolo Gioli a L’Elefante e Linda Fregni Nagler a Vistamare. Podbielski invece ha presentato un trio formidabile nel quale sopra tutti è emersa Loredana Nemes, che con i suoi camion nebbiosi e inquietanti ha rievocato il motivo per cui si parla di arte contemporanea. Non delude mai Galleria Continua che, neanche a dirlo, ha portato artisti di ricerca, tra cui Loris Cecchini e Leandro Elrich, che peraltro ha affascinato Art City con la sua Collection des Nuages.

In linea con la tendenza predominante delle fiere nazionali e internazionali, anche Arte Fiera 2019 ha avuto i suoi talk, a cura di Flash Art, e progetti curatoriali, con la performance a giocare un ruolo importante. La scultura abitabile Hic et Nunc di Flavio Favelli ha accolto il pubblico all’ingresso della fiera, un’opera sospesa tra funzionalità ed estetica, tra dimensione domestica e pubblica, tra presente e passato. D’altra parte, Silvia Fanti ha curato Oplà. Performing Activities, tra le quali la più curiosa di tutti, Artworks that ideas can buy di Cesare Pietroiusti. L’arte contemporanea si afferma come luogo di incontro e di scambio intellettuale oltre che creativo, in questi spazi dedicati più che negli stand, cosa che lascia respiro a belle domande sul tema delle fiere e dell’arte in sé. Infine, forse la maggiore novità del programma collaterale, Solo figura e sfondo, una mostra dedicata alle collezioni istituzionali d’arte modera e contemporanea dell’Emilia-Romagna, con autori come Pier Vittorio Tondelli, Gianni Celati, Luigi Ghirri e Luigi Ontani, sotto la curatela di Davide Ferri.

Per fare un punto, i principali sforzi verso la sperimentazione sono arrivati dalla sezione di fotografia e immagini in movimento, curata da Fantom, che tuttavia era presente con sole 18 gallerie in totale e con una totale mancanza del video. Ennesima conferma di come in Italia questo medium sia sotto rappresentato, nonostante sia la forma più contemporanea dell’arte. Anche se un cambiamento rispetto alle edizioni precedenti c’è stato, intanto a livello di comprensione e fruibilità della manifestazione fieristica, le reazioni rispetto a quest’anno sono discordanti e questo è il riflesso di una fiera che in fondo sta ancora cercando la sua identità. Tra commerciale e sperimentale d’altronde non ci sarebbe un vero scarto se la base comune fosse una sincera spinta verso l’innovazione. Detto questo, anche le rivoluzioni incedono a passi di colomba.

 

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