Basquiat a fumetti

Una biografia a fumetti «nata per caso, grazie ad una serie di situazioni che si sono incrociate e sovrapposte. L’editore stava cercando di concretizzare un progetto biografico su Jean-Michel Basquiat e, per un susseguirsi di coincidenze, è entrato in contatto con me». Parla così Paolo Parisi, illustratore e fumettista, autore di un graphic novel che non solo omaggia il writer e pittore newyorkese, uno dei principali esponenti del graffitismo statunitense, ma ne ripercorre la vita e l’arte con dovizia di particolari. Pubblicato da Centauria libri, Basquiat (128 pagine, 19.90 euro) è ambientato nella “grande mela” tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta, quando la metropoli è un melting-pot esplosivo di creatività, rivolta e controcultura. Lo scenario (oggi irripetibile) abbraccia gli “american graffiti”, la musica post-punk, la smania dei night club. New York vive più di notte che di giorno, mentre il mercato dell’arte contemporanea tocca le sue vette più alte. Esistenze al limite, eccessi, passioni e voglia di emergere. Ne sa qualcosa Basquiat, che – spiega Parisi – «rappresenta l’essenza di un certo modo di imporsi nel mondo dell’arte dell’epoca: la New York di quel periodo storico è una bomba ad orologeria di geni e sregolatezza: la punk rock band Ramones, il rock club Cbgb, il chitarrista, cantante e produttore discografico Arto Lindsay, la cantante, poetessa e scrittrice Lydia Lunch, il pittore e writer Keith Haring, la fotografa e graphic designer Julia Gorton».

Un fermento culturale che ribolle, dal quale Basquiat è completamente avviluppato: dai graffiti su muro firmati con lo pseudonimo “Samo” (Same old shit) alla pittura su tela come forma di attestazione sociale, mediante l’utilizzo feroce del colore e delle forme. «Uno spaccato di una società che non esiste più, in cui il termine “punk” ha assunto a pieno il suo vero significato concettuale: vivi ai margini, non sai fare nulla di “istituzionalmente” riconosciuto, rifiuti le dinamiche della società in cui vivi, e di conseguenza, ti imponi attraverso l’unica cosa che sai fare», riprende l’autore. Quindi tratteggia la genesi dei suoi lavori. «Parto da una documentazione scritta: biografie, diari, interviste dell’epoca. Questo per farmi un’idea in generale sia del contesto storico sia artistico-culturale e politico, in senso lato. Quindi cerco di caratterizzare i personaggi per dare loro una propria voce e attitudine, portando avanti – in parallelo – una documentazione “visiva”: foto e filmati d’epoca, musica, film, documentari». Il risultato è un volume a fumetti dove nulla è lasciato al caso. «Spesso il lettore non di settore fatica a percepire la mole di lavoro che c’è dietro a un’opera come questa: non pensa alla costruzione della storia, alla scelta di inquadrature, colori, testi, dialoghi, editing, revisioni. E ancora, alla cover e alla stampa. Tutto ciò richiede tempo, attenzione per i dettagli, sintesi e precisione». Un approccio metodico, che non appartiene a Basquiat, la cui arte può essere sintetizzata come pura passione, istinto, improvvisazione e violenza. Fermo restando una “razionalità” di fondo a sostegno delle caratteristiche sopracitate, con la cifra artistica che sposa il vissuto. «Io non penso all’arte quando lavoro. Io tento di pensare alla vita», ammetteva l’artista.

Info: www.centaurialibri.it

Articoli correlati