Un duo francese a Roma

«Non abbiamo molto tempo per scoprire la città e la periferia». Sono fra le prime parole dell’intervista con il duo francese Galerie Rezeda (Adeline Duquennoy e Manuel Reynaud) in residenza a Roma, nell’atelier Wicar. Parole che ben definiscono il loro campo d’azione, il panorama che vogliono avere alle spalle in una foto capitolina: la periferia. E poi continuano e confermano : «Vogliamo allontanarci dal centro, scoprire un paesaggio che forse ci è più congeniale». A disposizione hanno tre mesi durante i quali possono cominciare a pensare a un lavoro collegato alla città da esporre poi nella mostra finale che presenta le opere di tutti i residenti dell’anno nell’Espace Le Carré di Lille.

«Roma – continuano davanti a un caffè – è così densa che è difficile scegliere un progetto. Poi siamo in due ed è complicato partire in un’improvvisazione insieme. Quello che possiamo fare è rubare il più possibile con gli occhi, fermare tutto su carta per poi rivedere il materiale a fare il lavoro finale». L’atelier, nel pieno centro città, vicino piazza del Popolo, è infatti pieno di appunti, schizzi sparsi ovunque, dai tavoli fino alle pareti. Fogli grandi e fogli piccoli, ricalchi e fotografie fanno sembrare lo studio la stanza di un investigatore che segue un caso. «Sì, in effetti disegniamo molto, spesso sovrapponiamo immagini, partiamo con dei frammenti che poi si strutturano in un collage». E proprio i frammenti, e la loro organizzazione, è una tematica centrale nel loro lavoro. «Siamo partiti seguendo le tracce degli antichi geometri in grado di riportare su un terreno suddivisioni anche enormi tracciate su una piantina, sono come una sorta di urbanisti ante litteram. Una raccolta di libri in latino, Corpus Groamtico, messi insieme del V secolo raccoglie temi e tecniche legati a questa disciplina». E questo, per Gallerie Rezeda, è il principio, la suddivisione e l’organizzazione di un terreno e potenzialmente del mondo intero. «Questa forma astratta – spiegano – spesso un quadrato, una volta calato sul terreno, diventa un modo pratico e reale di ordinare un’area, in principio le città e poi anche gli accampamenti militari, fino ad arrivare a schedare, per così dire, tutta la terra».

Più quadrati formano una griglia e il contrario della griglia per il duo è il frammento: «Dove la prima è concettuale, astratta ed elastica, il secondo è materiale, concreto, immobile e imperfetto. Sono direttamente collegati perché senza frammenti non esisterebbero griglie e senza griglie non ci sarebbero suddivisioni e quindi frammenti. Il fatto interessante – continuano – è che spesso gli archeologi per catalogare i reperti solitamente ricostruiscono una griglia astratta che lentamente, come un puzzle, grazie ai frammenti ritrovati, torna reale». Questo studio sui particolari torna esplicitamente in un loro lavoro, Ground test facilities, nel quale hanno preso il calco di oggetti e architetture in città. Una volta collezionato un buon numero di questi campioni, realizzati poi in legno, hanno costruito un nuovo paesaggio urbano definito da diverse scale di grandezza, un paesaggio nel quale è impossibile individuare la matrice dei calchi.

Astratto che diventa reale ha portato Galerie Rezeda a flirtare, come dicono loro, con il post-internet. «La tematica che qui troviamo interessante è come dare materialità a quello che non ha nè materia né forma, trasformare in oggetto un contenuto digitale». E il tema a ben guardare è molto simile a quello dietro le griglie e il frammento. Il video di un loro lavoro, Dessin Augmenté, forse chiarisce più di tante parole il loro particolare rapporto con il digitale. Una sensibilità tecnologica che ritroviamo spesso anche nei loro disegni : «Disegniamo, scannerizziamo il disegno, mettiamo il disegno su Photoshop che ridisegna il lavoro in maniera digitale, poi lo stampiamo e ci ridisegnamo di nuovo sopra a mano come a depurare il tratto a integrare la macchina nell’umano e umanizzare la macchina in una specie di cerchio potenzialmente percorribile all’infinito».