Last days in Galliate

Leonor Antunes reinterpreta attraverso le sue sculture la storia dell’arte, del design e dell’architettura del Ventesimo secolo e in particolare la tradizione del Modernismo nelle sue istanze più radicali e di sperimentazione. Oggi è tra gli artisti più interessanti del panorama contemporaneo e con questo bagaglio di incredibili citazioni è accolta all’HangarBicocca di Milano per la mostra Last days in GalliateLa mostra è concepita come una complessa installazione site-specific che invade tutti i 1.400 metri quadrati dello spazio dello Shed: le opere volutamente posizionate ad altezza d’uomo entrano in completo dialogo con gli elementi strutturali, con i visitatori e con la luce naturale per confluire in un’unica, armonica narrazione. L’intera pavimentazione è inoltre rivestita con un fedele intarsio in linoleum, ispirato a un disegno di Anni Albers e che nella cromia si rifà all’iconico pavimento di Gio Ponti, realizzato nel 1960 per il Grattacielo Pirelli a Milano, nel quale prevale l’utilizzo di quel giallo che l’architetto era solito definire come ”giallo meraviglia”. Anche la luce viene utilizzata da Antunes come elemento scultoreo e di scansione temporale: l’apertura eccezionale di otto lucernari sul soffitto dello spazio espositivo, porta luce naturale zenitale all’interno dell’ambiente, mentre quella artificiale, affidata a una serie di lampade-sculture in ottone genera atmosfere intime e di dimensione domestica.

Milano e la sua ricca tradizione modernista, in particolare il lavoro degli architetti Franca Helg (1920-1989) e Franco Albini (1905-1977), diventano fonte di grande ispirazione per l’artista che intreccia tali storie al retaggio culturale di aziende come Pirelli o Olivetti e ai loro progetti innovativi, realizzati a partire dagli anni Cinquanta. Per la mostra approfondisce la collaborazione che ha avuto luogo negli anni Cinquanta e Sessanta tra lo Studio Albini-Helg e la casa manifatturiera Vittorio Bonacina. Proprio il titolo della mostra The last days in Galliate rimanda alla ricerca dell’artista su Franca Helg, a cui si allude attraverso il nome della località varesina, in cui Helg ha progettato e costruito la casa di famiglia per i genitori e in cui ha poi vissuto i suoi ultimi anni. Ispirandosi al lavoro di artisti, architetti e designer, Antunes conduce un’attenta ricerca sui loro progetti, ne studia le proporzioni e misure e, selezionati alcuni dettagli e frammenti, li trasforma in nuove forme ed eleganti opere d’arte. Attraverso questo processo di indagine l’artista si interroga sul contesto storico, sul significato degli oggetti di uso quotidiano e sul ruolo sociale dell’arte e del design come mezzi di emancipazione e di miglioramento della qualità della vita. 

Tra i nomi ricorrenti nel suo panorama di riferimento figurano soprattutto personalità femminili, il cui lavoro per anni è rimasto parzialmente in ombra, tra cui: Anni Albers (1899-1994), designer di origine tedesca, costretta a fuggire negli Stati Uniti dopo la chiusura della scuola del Bauhaus che oggi è considerata tra le figure più rilevanti del Novecento per la sua ricerca d’avanguardia nell’arte grafica e tessile; l’architetta di origini italiane ma profondamente legata al movimento modernista brasiliano Lina Bo Bardi (1914-1992), che ha progettato alcuni dei musei più importanti dell’America Latina, come il MASP, Museo d’Arte di San Paolo; e la cubana Clara Porset (1895-1981), allieva dell’artista Josef Albers (1888-1976) ed esule in Messico, che ha intrapreso un’approfondita ricerca sul folklore locale, sostenendo la necessità di integrare il design contemporaneo con forme e materiali tradizionali dell’artigianato.

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