Talking Knots

Con Talking Knots Corinna Gosmaro ci porta per mano nella sua ricerca dei messaggi che per secoli hanno raccontato la storia dell’umanità. Messaggi rappresentati da simboli che nella sua poetica si prestano a manipolazioni raffinate e ancestrali, a letture poliedriche connesse con gli aspetti della vita e dei rituali che l’uomo crea e ha creato nei secoli. L’universo di Gosmaro ci porta in una dimensione accogliente, trasversale e globale, in cui convergono paradigmi ed esperienze pronte ad essere vissute e ri-vissute nella suggestione di uno spazio dove il tempo è sospeso.

Per la mostra, allestita sui due piani della galleria, l’artista sceglie di utilizzare supporti diversi lavorati anche per il loro valore simbolico. Come il Dibond, i filtri industriali e la ceramica, espressioni dell’interesse per materiali al di fuori dei vincoli temporali. I Dibond, supporti della cartellonistica, rappresentano immagini primordiali; i grandi filtri dipinti con spray e pigmenti si trasformano in tele da attraversare, (ricordando gli Scapes dell’artista dedicati al paesaggio), che coinvolgono lo spettatore in esperienze simboliche, come ci racconta l’artista. 

Come mai hai scelto di lavorare con i simboli della storia dell’umanità?
«Sono interessata a quegli aspetti tipici dell’essere umano che si riscontrano universalmente e ciclicamente, nonostante i cambi paradigmatici e culturali, oltre che i sistemi percettivi differenti che caratterizzano le diverse epoche storiche. Questo interesse si spiega facilmente se si considera l’essere umano, uomo e donna, come entità culturale generica congiuntamente all’individualità che lo caratterizza nella percezione dell’ambiente. In questo modo è l’esperienza singola a diventare simbolica».

Le figure femminili che hai disegnato su carta e inserito nella mostra, sono come ancelle a guardia della sacralità degli oggetti e delle loro molteplici identità?
«No, o meglio, non per me. Mi piace che le si possano vedere come le descrivi, o in altri modi ancora. Sono la punteggiatura, una pausa intima, un disegno puro».

I filtri dipinti che hai posizionato al piano inferiore della galleria, in una ambientazione dall’atmosfera domestica, si collegano ai tuoi Scapes ma in questo caso inviti lo spettatore a percorrere lo spazio passando attraverso i filtri che proponi, entrando in questa dimensione al confine tra pittura e scultura. I tempi sono maturi per un ulteriore coinvolgimento, anche fisico, dello spettatore, nelle tue opere?
«Quando penso a una mostra ho in mente la temperatura che voglio mantenere e tutto viene di conseguenza. In questo caso era esattamente ciò che volevo».

Fino al’8 giugno; The Gallery Apart, via Francesco Negri 43, Roma; info: www.thegalleryapart.it

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