ZK/U, arte e urbanistica

Circondato su ogni lato da canali Il quartiere di Moabit era, a inizio del XX secolo, uno dei più vitali centri industriali della città. Caratterizzato dalla vicinanza al centro politico cittadino e dalla presenza del carcere, il quartiere si presta perfettamente agli esperimenti del ZK/U, Zentrum für Kunst und Urbanistik (centro per l’arte e l’urbanistica) di Berlino. Presente su territorio locale con progetti e concetti vari e indirizzato verso una scambio artistico di tipo globale ZK/U non persegue uno scopo unico, immobile. È una realtà in continuo movimento e trasformazione, alimentata dalla pluralità di progetti e voci che la compongono, provenienti da ogni parte del globo. Alla ricerca continua di contatti e possibilità che oltrepassano i confini dei preconcetti e delle strutture precostituite, il centro si propone di creare una rete creativa alternativa. Nato dalle ceneri della stazione ferroviaria Güterbahnof, lo spazio apre i suoi cancelli sulla città nel 2012. La sorprendente struttura ferroviaria permette la realizzazione di 13 studio-appartamenti, e di una grande cucina comune. Dal magazzino e dalla cantina sottostante è stato possibile ricavare una sala espositiva per progetti ed eventi aperti al pubblico regolarmente. La grande terrazza coperta e il giardino cittadino, completano l’opera in cui natura, urbanistica e arte si confondono l’uno nell’altro. Il sistema di residenze d’artista è il nucleo pulsante della grande rete di contatti e di scambi tra giovani artisti, che in qualche modo relazionano la loro pratica alla città. L’idea è quella di uno spazio condiviso che permetta di sviluppare collegamenti tra gli artisti stessi e il pubblico: tramite workshops, conferenze, mostre, visite guidate e OPEN STUDIO le nuove idee vengono messe in circolo. Tra gli artisti attualmente in residenza, il duo Anastasia Eggers & Ottonie von Roeder con l’installazione Nomadic Bathroom, indaga ad esempio il fenomeno del bagno pubblico, concentrandosi sull’idea dell’intimità in uno spazio condiviso. Nati come luoghi in cui si svolgeva la vita pubblica, luoghi di scambi di chiacchiere e idee, hanno preso sempre più le sembianze di uno spazio privato, specchio della solitudine che attanaglia la società contemporanea. L’obiettivo delle artiste è dimostrare come effettivamente il design di un bagno pubblico sia espressione di dinamiche sociali, esplorando l’idea di un’igiene collettiva vista come un rituale, nella società odierna. Il piccolo bagno mobile e estremamente accessoriato realizzato dalle artiste non è una scultura. Può essere utilizzato dagli spettatori, che automaticamente prendono parte alla ricerca. Olga Labovkina pensa la performance presentata per il programma di residenza come un’analisi del superamento del concetto di frontiera, come decostruzione dei limiti comportamentali imposti dalla sfera pubblica, come continuo movimento fisico della città, dello spazio intorno a noi, per dimostrare come poi in fin dei conti sia l’individuo stesso, ognuno di noi, a determinare questi movimenti e a porre dei limiti.

Il 25 Marzo ha chiuso i battenti la mostra Hacking Urban Furniture, per la quale sono state selezionate le idee vincitrici del bando per “nuovi concetti di arredamento urbano”, parte di un progetto di ricerca iniziato nel 2016. Focus del progetto è il “mobilio cittadino”: fermate degli autobus, bagni pubblici, panchine, da anni monopolio di ditte enormi. Tramite l’analisi degli spazi pubblici della città, verrà realizzato un prospetto per un nuova organizzazione del tessuto decorativo urbano, attraverso interventi artistici di design sperimentale, così da rendere anche da questo punto di vista ogni città uguale solo a se stessa. Proposta dal KIEZding- Team, l’Agorà è pensata come uno spazio coperto di condivisione. Provvisorio, modulare, facile da costruire e da spostare, è composto da balconate in legno coperte e decorate con piante e fiori. Il lavoro di Josef-Matthias Printschler, WTHUF, what the hack is urban furniture, ha una storia particolare. L’artista si approccia in modo critico al problema e, invece di proporre un progetto di mobilio cittadino, propone una guida analitica su come concepire e pianificare l’arredamento urbano. La giuria ha deciso di premiare il lavoro in quanto guida più che esaustiva all’argomento. Esposta alla Documenta X, nel 1997, la V.I.P. Box di Eva Hertzsch und Adam Page è stata installata nel parco del centro di ricerca, proponendosi come piattaforma di scambio tra il centro stesso e i visitatori. Dopo aver ricevuto una chiave, è possibile entrare nella stanza senza tetto, sedersi e partecipare a discussioni che riguardano il tessuto urbano. La guerra, la divisione, la riunificazione sono tutti elementi che hanno influenzato lo svilupparsi del tessuto urbano berlinese nel corso degli ultimi anni e fatto si che nascessero forme di approccio agli spazi creative, alternative e al di fuori degli schemi. I grandi spazi in disuso e le grandi superfici vuote hanno reso Berlino polo d’attrazione per la sperimentazione urbanistica, così come piazza per la speculazione. La tematica della pianificazione urbana tocca la società ad ogni livello e genera interessanti discussioni. Come sarebbe la città senza insegne pubblicitarie di troppo? È la domanda che si pone la campagna Berlin Werbefrei, immaginando la città priva di inutili e enormi insegne pubblicitarie che a volte nascondono la luna.

ZK/U. Zentrum für Kunst und Urbanistik, Siemensstrasse 27 – 10551 Berlin, info: www.zku-berlin.orgwww.hackingurbanfurniture.net