Cosimo Veneziano

Direttamente dalle nostre pagine del giornale vi proponiamo un articolo pubblicato sul numero 112

Selezionato tra i finalisti del Talent Prize, Cosimo Veneziano è uno degli artisti più attenti del momento. Piemontese di Moncalieri, oggi vive e lavora a Leeds, città del Regno Unito nella contea inglese del North Yorkshire. La sicurezza di seguire la strada certa, il comune, la serenità dello standard non è certamente una delle sue caratteristiche, al contrario Veneziano si lancia alla ricerca di altro, di un elemento ex-gregge, di argomentazioni inusuali. È il caso anche dello studio che lo ha portato alla finale del Talent Prize: «Sono molto sorpreso – ammette – di essere stato scelto dai giurati del premio, soprattutto con quella tipologia di progetto, inedito, mai esposto, perché difficile da collocare in quanto parla di un determinato periodo storico italiano sotto una precisa corrente politica. Quello che viene mostrato è solo una parte, una sorta di episodio pilota».

La filosofia artistica di Veneziano ha punti fermi plasmati lungo un percorso delineato da profonde riflessioni sull’arte che vanno oltre il pensiero individuale, approfondendo, talvolta, temi più crudi e amari. «L’arte – dice – ha l’enorme potenziale di far saltare alcuni meccanismi culturali e parlare di tematiche che possono risultare difficili o documentaristiche per il cinema e la letteratura. Come raccontare queste storie dipende molto dall’artista e dai suoi molteplici mezzi. Purtroppo alcune storie possono risultare troppo scomode per il pubblico e si decide allora di tenerle celate dando la precedenza a visioni e lavori edulcorati».

Lo stesso sistema artistico va osservato quindi sotto altri punti di vista, soprattutto oltre confine, dove lo studio e lo screening non sono solo un’esclusiva di grandi istituti pubblici o privati ma si lascia spazio a dimensioni di nicchia meno vincolate. «Bisogna – continua Veneziano – prima riflettere cosa offre il territorio italiano a livello regionale, e poi parlare a livello nazionale. Gli stati europei, considerati da noi eccellenze, come Francia, Olanda e così via, hanno un sistema che sostiene molto le piccole attività che tentano di sperimentare fuori dal mainstream». Parole e valutazioni alla base anche della scelta del medium che lo hanno portato ad abbracciare l’iconografia puntando sul dettaglio: «Penso – dice infatti – che riflettere sull’iconografia sia essenziale, quasi tutte le opere, materiali e immateriali, sono immagini che necessitano di precise osservazioni. Nei miei lavori le tecniche, che siano disegni o sculture, devono essere funzionali al progetto. Per esempio, per il lavoro finalista al Talent Prize, ho usato per la prima volta la fotografia». Esperienze di vita che hanno segnato in modo decisivo la strada da percorrere per un artista portandolo a mutare nella scelta di metodi espressivi: «il mio lavoro – continua – è cresciuto e si è evoluto dopo una riflessione sull’uso del materiale. Il progetto e la materia sono per me elementi che vivono in simbiosi. Il materiale usato viene suggerito dal progetto come una forma di rispetto. La materia non si adatta, ha una propria organicità».

Se da un lato l’artista ha il compito di reinterpretare l’oggi con un bagaglio acquisto negli anni e uno sguardo verso il futuro, dall’altro deve scontrarsi con il presente che sembra avere il compito, per assurdo, di ostacolare un così delicato ruolo, soprattutto in questo momento storico. Non a caso l’arte di Veneziano analizza la moltitudine di immagini che compongono il patrimonio sociale, architettonico e urbano. Perché quello che vediamo è quello che descrive il contesto in cui viviamo: flash di diktat nascosti da veli di superficialità che si impongono grazie alla disattenzione dei più. Da questi presupposti l’artista vuole partire, e lo fa con focus nati dal desiderio di chiarezza e trasparenza, che hanno lo scopo svelare azioni intraprese spesso con leggerezza o con intenti non del tutto corrispondenti all’idea iniziale. Veneziano è in grado di ripulire messaggi confusi e ambigui. Non è un artista che crea archivi, ma che li usa come mezzi, e da lì scava per realizzare un progetto. A questo si aggiunge una selezione del materiale istintiva, senza regole di consultazione, con lo scopo di arrivare in un determinato punto. La storia nuda e cruda che lo conduce al futuro e alla sua possibile traducibilità. L’artista è una sorta di archeologo del contemporaneo, cerca il vero per appagare la sete di oggettività e comunicarla quanto più possibile a un pubblico spesso addormentato in un panorama urbano soffocato da un surplus di informazioni vaghe e caotiche.

BIO
1983
Nasce il 30 luglio a Moncalieri

2013
Realizza una personale, Cattedrale, curata da Denis Isaia al Careof Docva di Milano

2014
Partecipa al Progetto nuovi committenti di Rovigo curato da a.titolo

2015
È in residenza a villa Strauli, Winterthur in Svizzera

2017
È al Museo Ettore Fico e alla Galleria Alberto Peola di Torino con una personale

THE MONUMENT IN THE AGE OF BERLUSCONI
Il progetto nasce dal desiderio di mappare i monumenti costruiti a partire dal 1994 fino al 2012 in Italia, nell’epoca considerata dagli storici l’era berlusconiana. Ogni opera rappresenta un pezzo di storia, la sua creazione è preceduta da una trattativa, più o meno conflittuale, tra il committente, l’artista, il cittadino. L’artista parte dal presupposto che un lavoro in uno spazio pubblico non può essere un’azione neutra, progettato solo con l’idea di tributo o memoria, ma dev’essere inteso come una voce che mette in evidenza alcuni fatti storici rispetto ad altri. Veneziano mostra come grazie a stanziamenti pubblici si sono rivalutate figure politiche discusse e personaggi dello spettacolo, pensiamo a Manuela Arcuri a Porto Cesario, Craxi ad Aulla, Berlusconi a Milano2 o il tentativo di ricollocare il Bigio, simbolo della gioventù fascista, a Brescia.