Chiara e Nico Fumai

Lo spazio Guido Costa Projects ospita Nico Fumai: being remix, mostra alla quale Chiara Fumai, venuta a mancare in agosto, lavorava da più di un anno e per la quale aveva già realizzato tutte le opere, accompagnate da un progetto minuzioso di come sarebbe stata poi la loro installazione. In possesso di queste preziose indicazioni, Costa presenta comunque la mostra, ponendo lo spettatore tipico di Fumai di fronte a qualcosa di differente. Tra tele che riproducono alcune delle copertine dei suoi singoli, come 77 (dei Talking Heads), Click (di Battiato) e Looking for Saint Tropez (di Telex), piccole sculture dorate e tutta la produzione discografica di Nico Fumai, 15 vinili, tra LP e 45 giri, l’artista produce i cimeli di cui racconta dal 2009, dando una forma fisica alla carriera fittizia di Nico Fumai.

È tra realtà e immaginazione, infatti, che viene delineato quello che Fumai definisce piano astrale, luogo in cui secondo i teosofi è contenuto anche il piano dell’immaginazione. È per questo motivo che l’astrale è strettamente connesso alla sostanza di cui è fatta un’opera, ma è anche uno spazio unidimensionale obbediente a leggi diverse da quelle fisiche e quindi difficilmente comprensibile attraverso le nostre comuni categorie. Nella performance Chiara Fumai presents Nico Fumai, da cui deriva la mostra torinese, l’artista narra la storia della Italo Disco, disco-music di fine anni ’80, attraverso la carriera di un famosissimo cantautore italiano, Nico Fumai, coniugando elementi biografici fittizi a una narrazione storica e critica.

Il cantautore di cui narra le gesta è suo padre e non è mai stato una super star, nella vita commercia tessuti. L’intero discorso si focalizza sugli ipotetici venti anni di produzione di Nico Fumai, cantante e compositore, e su come la canzone d’amore italiana abbia influenzato il movimento elettronico New-Romantic, creando un genere bizzarro e di difficile catalogazione. Dimostra così il ruolo fondamentale di Nico Fumai come uno dei pionieri e padri del fenomeno della Italo Disco. Chiara punta il dito sul concetto di divertimento nell’era della musica elettronica, sul ruolo commerciale che a essa viene imposto dall’industria culturale e su come pochi produttori della Italo Disco reagiscano, negli anni ’80, alle aspettative di massa: costruendo centinaia di sincronizzazioni labiali, finte popstar utilizzano modelli per live-shows e copertine.

L’idea di fondo sta nel fatto che le masse, avendo sviluppato il senso della visione piuttosto che dell’ascolto, tendono ad ascoltare ciò che piace loro vedere e a credere a ciò che viene passato dalla televisione, senza verificarne l’autenticità. Nico Fumai diviene metafora dell’informazione contemporanea. È stereotipo di un momento storico che mette in scacco un’intera società. È un test nei confronti dello spettatore. La serie di materiali che l’artista presenta nel corso della performance, vinili e articoli di giornale, sono supporto e testimonianza a tutte le falsità che racconta in scena. Quelli che ci faceva sentire nel corso della performance sono brani musicali esistenti, lavori degli anni ’60, ’70 ed ’80 rimasti nell’ombra, anonimi, che divengono l’emblema di una società totalmente priva di autocoscienza.

Fino al 17 Febbraio 2018; Guido Costa Project via Mazzini 24, Torino; info www.guidocostaprojects.com/it/mostre