10 borsisti a Villa Massimo

Per la prima volta il 25 ottobre i 10 borsisti dell’accademia tedesca Villa Massimo, vincitori del bando annuale, hanno aperto i loro studi per presentare al pubblico il loro lavoro e quello avviato a Roma da settembre. Si tratta di compositori, scrittori, architetti e artisti d’arti figurative, vincitori di una borsa di studio che per un anno gli permette di vivere in un’atelier con appartamento annesso nella splendida cornice di Villa Massimo a Roma, circondata da un ampio e lussureggiante parco. Il loro soggiorno nella capitale è un’occasione importante di ispirazione e nuovo orientamento artistico.

Durante la serata si sono tenute mostre, concerti, performance, proiezioni film e letture dei borsisti. David Schnell (1971), artista visivo e incisore nel corso del 
suo soggiorno a Roma ha concentrato la sua attenzione sulla compenetrazione di architettura
e paesaggio. Ha collaborato con l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma dove oltre allo studio di opere grafiche e matrici storiche, soprattutto del Piranesi, ha fatto pratica nella meravigliosa stamperia dell’Istituto, sperimentando diverse tecniche: tra queste l’acqueforte, imparando la tecnica a più morsure di colore. In visione del pubblico splendide stampe con le sue impressioni del suo soggiorno romano dove l’artista ha cercato di osservare con occhi contemporanei gli stessi luoghi di Piranesi. In mostra anche alcune matrici; nei suoi lavori eleganza e classicità si sposano con il contemporaneo.

Si tratta, invece, di una grande istallazione, pensata appositamente per lo studio di Villa Massimo il lavoro di Bettina Allamoda (1964): un drappo di  stoffa verde tirata da una parte all’altra della stanza con applicate paiettes blu/verde cangianti e incastrata tra vecchie transenne arrugginite. Nei suoi lavori definiti Spandex Studies, Allamoda analizza come l’esperienza fisica venga deformata attraverso l’esperienza mediatica, trasponendola nel settore della scultura e del collage, alla quale conferisce la forma di un’esperienza paradigmatica e astratta e tuttavia dal concreto carattere spazio-temporale.

Thomas Baldischwyler (1974) ha dato forma a un’installazione, composta da materiali diversi, lasciando l’atelier volutamente come luogo di lavoro e non luogo espositivo. L’architetto Benedict Eshe (1988) ha realizzato un grande totem nero che ha posizionato al centro del suo atelier, si tratta di un grande modello basandosi sulle direttive dell’edilizia residenziale in cui ogni persona al mondo dovrebbe avere 10mq. Inoltre, l’architetto ha esposto due piccoli modelli messi in contrapposizione: uno rappresentante un luogo di Roma, l’altro un luogo di Monaco. «L’architettura – dice l’artista – con le sue piazze, nella sua storia ricca di vicissitudini ha sempre avuto la funzione di un luogo centrale, del luogo della vita autodeterminata tra dove si abita e dove si lavora, che in tal modo si reinventa di continuo. Per me l’architettura – continua l’artista – cela anche l’opportunità di un momento di ripiegamento, in cui ci si ritira dall’eccesso di complessità del mondo esterno in un luogo di autorealizzazione che non conosce barriere legate a ceto, età, genere e tempo».

La storia di una ricerca della purezza del dimenticare: Oppure, tre annusatori di colla sotto la sorveglianza dell’IMAM (carcere infantile) è il film presentato da Jörg Herold (1965) in cui viene documentata una particolare situazione sociale: i bambini nello slum di Caracas (capitale del Venezuela) la città con il più alto tasso di criminalità in America Latina. In quel luogo, il mix di corruzione, violenza armata e povertà rappresenta per i bambini uno choc psicologico che ne determina la vita, dalla cui spirale appare impossibile sottrarsi. Le tre sequenze di film sono state girate da tre cacciaori, bambini di età compresa tra gli 8 e gli 11 anni detenuti nel carcere minorile, criminali annusatori di colla.

Si tratta di un diario di viaggio il video Anarcheology di Christoph Keller, un’opera sulla parola pronunciata e sull’oralità in un film paradossalmente muto. Il compositore Gordon Kampe (1976) presenta in prima italiana Ruth’s Piece (2014), una composizione per sassofono ed elettronica, interpretata da Ruth Velten. Invece, Jay Schwartz (1965) ha proposto il pezzo music for autosonic gongs riadattato per Villa Massimo. Nel suo studio erano sospesi tre grandi gong che con il loro suono profondo, rilassante e penetrante immobilizzano lo spettatore. La particolarità della sua performance risiede nel modo nel quale questi strumenti antichissimi di origine cinese vengono fatti vibrare: non con la consueta mazza, ma bensì attraverso un processo elettroacustico, senza che vi sia alcun contatto. I suoni prodotti in questo modo sono quindi completamente organici, non sono ne prodotti ne amplificati elettronicamente.

Per la letteratura Iris Hanika (1962) ha letto il testo Normal sein (Essere normali) mentre Uljana Wolf (1979) ha letto dalla sua raccolta di poesie Meine schönste lengevitchRicordiamo che nella galleria, prima degli studi, è allestita una mostra fotografica, per la serie espositiva Fotografia che vuole illustrare l’evoluzione della fotografia tedesca dagli anni 20 ad oggi, mettendo in dialogo/contrasto i lavori di due fotografia alla volta. Per il quarto appuntamento, fino al 24 novembre, a confronto i due celebri fotografi: Lotte Jacobi e Alfred Eisenstaedt, entrambi ebrei e attivi durante la repubblica di Weimar che a seguito dell’avvento al potere dei nazionalsocialisti furono costretti, per proseguire la loro carriera, a emigrare negli Usa nel 1935.

Info: www.villamassimo.de/it

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