IN/SU/LA

Dal 5 al 9 luglio l’isola di Ventotene ha ospitato la prima edizione di IN/SU/LA, festival biennale di arte contemporanea organizzato da Yvonne Andreini e Alessio Castagna.
Il progetto si è basato sull’idea di residenza in un tempo ridotto, attraverso la quale un gruppo eterogeneo di autori (artisti, registi, filosofi, musicisti) è stato messo in stretta relazione con Ventotene e la sua storia, le sue storie fatte soprattutto di esili, dall’antica Roma agli anni ‘60.
Alla base di IN/SU/LA è identificabile una volontà di ricreare una dimensione di confino costruttivo, di partecipazione e condivisione di tempi, spazi e ritmi di un’isola che dà la possibilità di mettere pause alla frenesia della terraferma, di ridurre la velocità dei pensieri e di innestare nuove esperienze su un territorio dalla magica ambiguità. Si è respirata in quei giorni l’aria di un laboratorio diffuso, all’interno del quale si è progettato, si è creato, ma si è anche discusso sui massimi sistemi dell’arte e su quelli minimi della vita isolana. Il recupero e la riattivazione delle storie ventotenesi hanno rappresentato lo sfondo sul quale sono state proiettate le visioni degli autori invitati, contributi anche effimeri che però hanno coinvolto l’isola dal punto più basso a quello più alto, dalla piazza ai vicoli del centro, dagli scogli alla libreria, all’entroterra selvaggio. Ogni opera ha cercato di connettersi al tessuto storico dell’isola, ai suoi avvenimenti più noti ed importanti, ma nel contempo ognuna ha rivelato un’interazione maggiore più o meno dichiarata, una predilezione, un legame più stretto con uno o più elementi tipici dell’isola stessa, che siano essi legati al passato o al presente, alla natura geografica e geologica o alla tradizione mitologica.

Vento
Già elemento radicale nel nome moderno dell’isola, il vento “ha scolpito forme bizzarre nel tufo” e, oltre a moderare la calura estiva, è in continua disputa con le canne di bambù, altra presenza costante nel paesaggio isolano, quello più vergine. Le installazioni di Yvonne Andreini (“Scirocco”, “Maestrale”, “Levante”), costruzioni che somigliano a prigioni, gabbie o recinzioni, intercettano la condizione dei confinati a Ventotene mescolandola alle traiettorie del vento che gonfia e smuove vele dipinte con motivi tipici del linguaggio dell’artista, segni circolari che si rifanno alla simbologia del ciclo lunare e del tempo che passa. Questo racconto del vento è stato affidato al rumore della resistenza, ora metaforica, ora reale, delle vele e delle canne, e alla performance canora di Marta Colombo che ha inaugurato con dolcezza l’installazione collocata alla Casa della Vela, “Levante”, in uno dei punti più alti e ventilati dell’isola.

Genius loci
L’installazione di Alessio Castagna, Camera Chiara, allestita in una casa abbandonata, ha invitato i visitatori a scoprire il fascino e la semplicità della campagna ventotenese. Il suo è stato un lavoro di selezione di immagini da vecchi album di famiglia, unite a fotografie scattate dall’artista stesso, mescolate in un racconto che mostra non tanto una volontà documentaristica, ma l’esigenza di invertire l’ordine di ciò che è negli album storici. Le foto vanno dagli anni ‘60 e ‘70 fino all’ultimo decennio, e forniscono un punto di vista molto personale non costruito tradizionalmente su vedute e paesaggi. Un video proiettato alle spalle di un letto è la continuazione del racconto fotografico, calibrato però sul ritratto contemporaneo di diverse generazioni di isolani. Nell’opera emerge inoltre una linea non ordinata che riguarda la trasformazione della fotografia, della texture, delle pellicole che arricchisce il discorso di Castagna sull’interazione tra luogo, storia e identità.

Manifesto
La storia di Ventotene è legata indissolubilmente al Manifesto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann (1941-1944) – pubblicato da Eugenio Colorni – che ha posto le basi concettuali per l’idea di Europa unita. Il lavoro di Caroline Corleone, Pink Manifesto, si connette a quell’esperienza e ne estrae dei frammenti attraverso il recupero e la reinterpretazione di simbologie “europeiste” cucite e dipinte su lenzuoli bianchi che hanno sventolato in un vicolo del centro storico, stuzzicando la curiosità degli abitanti e dei turisti. Il colore rosa, ricorrente nella sua pratica artistica, è utilizzato non tanto per proprietà cromatiche particolari, ma come simbolo identificativo di movimenti di protesta. Manifesto di Pietro Babina e Flavio De Marco, invece, è uno scambio di lettere formate non da parole ma da immagini, la traduzione visuale di un’amicizia molto stretta. Provenienti da due differenti discipline, il teatro e la pittura, hanno costruito un dialogo a distanza attraverso immagini che parlano di ciò che si fa non solo nel quotidiano, ma soprattutto nella sfera di impegno artistico, un’idea alla cui base vi è la volontà di trovare un diaframma tra due linguaggi. Il progetto, iniziato nel 2005 e giunto alla sua terza edizione, s’inserisce nel solco tracciato da una titolazione evocativa, e il concetto di amicizia e la pratica epistolare si legano profondamente al destino di tanti tra confinati e isolani. L’esito finale è un libro visivo di immagini apparentemente astratte, esposto nella libreria di Ventotene nei giorni del festival e che verrà donato ufficialmente alla Kunstbibliothek di Berlino a novembre.

Sopravvivenza
Vivere su un’isola significa soprattutto sopravvivere. Lo raccontano senza mezzi termini la storia e la letteratura non solo ventotenesi. Alexandra Wolframm utilizza uno dei simboli della sopravvivenza per eccellenza: la capanna. Ne costruisce una con materiali trovati sull’isola e la riveste con coperte isotermiche d’emergenza, un materiale già sperimentato in passato dall’artista. L’obiettivo di Wolframm è creare un’allusione alla situazione attuale dell’Europa (immigrati, instabilità, precarietà) e lavorare sulla metafora di un continente messo a dura prova dalle crisi economiche e umanitarie, proprio come la capanna dal vento dell’isola. “Haus Europa/Casa Europa” continua la riflessione dell’artista portata avanti nella serie “Restless Home”.

Isola delle sirene
Ventotene contende a tante altre isole la paternità della leggenda omerica delle sirene. Il video di Ilaria Biotti, “Chiacchierata”, mescola realtà e finzione, giocando con la storia, la mitologia e le testimonianze dirette degli isolani, con il presunto canto delle sirene invisibili e il lamento reale di gabbiani e marzaiole. Biotti lavora su più livelli di significato, inscenando una chiacchierata virtuale tra sirene che raccontano storie dell’isola (frutto di interviste realizzate durante la residenza) e una voce che parla attraverso le parole di Foucault, dai testi “Sorvegliare e punire” e “Eterotopie”, inglobando nella sua riflessione l’esperienza del carcere di S.Stefano sull’omonima isoletta antistante, teatro di vita e disgrazie di tanti esiliati. Il video è stato installato nella grotta dei Giardini di Mezzatorre, dove è stata allestita inoltre una riunione di impressioni sul tema dell’isola che in buona parte rappresentano gli studi delle opere; concepita come una collettiva nascosta che ha custodito gli indizi e le tracce dei progetti esposti sull’isola.

Mensa
I confinati a Ventotene si raggruppavano in mense, e se ne trova ancora testimonianza su alcuni muri del centro storico. Il recupero della mensa come momento comunitario di condivisione e aggregazione è stato uno dei perni di IN/SU/LA, una atmosfera fortemente voluta dagli organizzatori che ha trovato un apice importante nei tre giorni di laboratorio linoleografico curato da Ulrike Von Gueltlingen. Un’occasione significativa di connettere abitanti e turisti alla dimensione esperienziale del festival. Ogni artista intervenuto, più il filosofo Kostek Szydlowski, contribuirà alla stesura di un libro che riscostruirà l’esperienza di IN/SU/LA, e che verrà presentato a Berlino nella prossima primavera.

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