Venezia, non solo Biennale

La Biennale non è la sola a Venezia a trainare una fervente e brulicante stagione artistica: proprio adiacente al Ponte dell’Accademia, Palazzo Brandolin Rota ha recentemente inaugurato una stagione di mostre, promosse dalla galleria Grossetti Arte di Milano: si è partiti il 2 giugno con Threads, bipersonale degli artisti Carla Mura e Dado Schapira a cura di Alessandro Riva, per la quale il fil rouge non è semplicemente un’espressione proverbiale: Mura e Schapira tessono entrambi i fili di un’arte in cui la forza del segno è interamente riposta e affidata all’elemento stesso del filo, che crea un gioco compulsivo, dà vita un meccanismo perverso, labirintico e ossessivo dal quale è impossibile discernere il punto di osservazione dell’artista prima e dello spettatore poi. Le complesse trame dei fili invadono ora l’intera superficie dell’opera, come nel caso di Mura, divenendo stilizazzione di paesaggi osservati o soltanto immaginati, ora ne dominano il centro, focalizzandone, indirizzandone e accentrandone la gerarchia espressiva, per mano di Schapira.

Le mostre attualmente in corso, visitabili sino al prossimo 29 giugno, sono le personali del misterioso artista spagnolo Felipe Cardeña e del noto italiano Andrea Zucchi, curate da Umberto Zampini. Con Fiori dipinti da me al 201%, Cardeña omaggia il grande Tancredi Parmeggiani, artista la cui opera pittorica è stata solo recentemente rivitalizzata dall’attenzione del mercato: le opere del dissidente Cardeña, votate ad un’attitudine intrinsecamente militante, che spesso mitizzano e celebrano icone politiche e mediatiche, sono oggi esposte nelle stesse sale dell’ultima personale di Tancredi, risalente al giugno del 1962 (l’artista morirà suicida poco più di due anni più tardi, gettandosi nel Tevere). Ma non è solo la medesima identità del luogo espositivo a legare Cardeña a Tancredi: la mostra di quest’ultimo s’intitolava Fiori dipinti da me al 101%, l’omaggio del collega iberico appare quindi come una voluta e ridondante esasperazione dell’arguta critica ad un sistema dell’arte già allora incancrenito da un’impetuosa e dilagante mercificazione. Cardeña come Tancredi sovrappone i fiori, elementi la cui esibizione appare oggi come ieri forse l’ultimo baluardo di coraggio nel rappresentare una bellezza effimera seppur persistente. In contemporanea, Andrea Zucchi presenta invece il ciclo di Impressioni satellitari: paesaggi “stellari”, carpiti dall’occhio del satellite, abbandonano la consueta attitudine scientifica, stravolti nel colore acido di una mano pittorica che indaga se stessa, quasi completamente disgiunta da vincoli figurativi: «Vorrei fluttuare nello spazio  – dichiara l’artista – su una piattaforma volante e lavorare da lì, en plein air, come un impressionista di un fantascientifico futuro…I fiumi diventano vene, i laghi organi, e le rocce o i boschi un tessuto di cellule. Confondo il macrocosmo con il microcosmo, e l’uno si riflette nell’altro». La pittura parla di se stessa e di storia, nelle forme finalmente libere di Zucchi si può quasi scorgere un legame tra il morbido panneggio che veste le piangenti figure del monumento funebre a Maria Cristina d’Austria e la Wrapped Coast di Christo e Jeanne-Claude. Chiude il ciclo la mostra The mistery of forms, in programma dal 1 luglio fino al 20: la collettiva degli artisti Man Lin, Zhao Lu, Liao Pei e Li Zi, a cura di Alessandro Riva, si presenta come un’importante focus sui protagonisti dell’arte cinese del nostro tempo.

Info: www.facebook.com/pages/Palazzo-Brandolin-Rota

Articoli correlati