Mast, Lavoro in movimento

Bologna

La Fondazione MAST (Manifattura di arti, sperimentazione e tecnologia) di Bologna ha presentato in occasione di Arte Fiera 2017 un progetto espositivo interamente dedicato all’immagine in movimento con video e installazioni sulle trasformazioni in atto nel mondo del lavoro e della produzione realizzati da 14 artisti di fama internazionale: Yuri Ancarani, Gaëlle Boucand, Chen Chien-jen, Willie Doherty, Harun Farocki e Antje Ehmann, Pieter Hugo, Ali Kazma, Eva Leitolf, Armin Linke, Gabriela Löffel, Ad Nuis, Julika Rudelius, Thomas Vroege. L’esposizione, a cura di Urs Stahel e visitabile fino al prossimo 17 aprile, ha lo scopo di riunire la rappresentazione del lavoro, da quello umano a quello automatizzato, attraverso la videoarte, percorso a livello formale finora mai intrapreso dalla Fondazione in relazione al tema, a fronte della blasonata fotografia. Stahel spiega che “poiché viviamo in tempi in cui la realtà è una dimensione in movimento, la percepiamo come un insieme di piani paralleli che si affiancano, si susseguono, si sovrappongono. La mostra ne traccia un resoconto visivo attraverso una selezione di video che si configurano come piccole galassie, nelle quali la singola opera ha un valore autonomo ma trova il suo significato soprattutto in relazione alle altre, di cui diventa di volta in volta commento, critica, o tacita risposta. L’intensità spesso toccante, la forza e la ricchezza di queste immagini in movimento restituiscono con forme, meccanismi narrativi e linguaggi visivi diversi, l’evoluzione del mondo del lavoro e della nostra vita”.


Il ravennate Yuri Ancarani mette in scena tre video Il Capo, 2010, 15’; Piattaforma Luna, 2011, 25’ e Da Vinci, 2012, 25’ nei quali la gestualità che accompagna il lavoro, eseguito direttamente o indirettamente, si fa archetipo sublime quasi purificato: il capo cantiere di una cava sembra dirigere un orchestra che scava nel marmo, così come una squadra si sub si coordina tramite una sorta di alfabeto segreto, e ancora un chirurgo fa “danzare” il braccio di un robot. Con il suo JJA, 2012, 50’ la parigina Gaëlle Boucand mette in scena il flusso di coscienza del potere attraverso il monologo di un anziano uomo d’affari allontanatosi dalla sua vita caotica e chiassosa, che a tratti ricorda l’attitudine e l’intento del protagonista del celebre romanzo di Huysmans A ritrosoL’artista Chen Chien-jen, nato nel 1960 a Taoyuan, nell’isola di Taiwan, e che oggi vive e lavora a Taipei, con Factory (Fabbrica), 2003, 31’ 9’’ mescola la muta rappresentazione di relazioni interpersonali tra lavoratrici di un’ex fabbrica tessile ad una sottile ma accurata critica alla società industriale automatizzata: i gesti, i dialoghi muti delle operaie, malinconicamente evocano la quotidianità di un passato perduto e ricercato. 

Anche l’irlandese Willie Doherty evoca il passato, con Con Empty (Vuoto), 2006, 8’ ritrae, nell’arco di un’intera giornata, la facciata di un edificio in disuso: le inquadrature e persino il mutare della luce e degli agenti atmosferici rendono l’idea dell’importanza e della familiarità del luogo. Harun Farocki e Antje Ehmann, coppia nell’arte e nella vita, con Labour in a Single Shot (Lavoro in un unico piano sequenza), 2011 inscenano un mosaico dal sapore utopico come un unico piano sequenza di una serie di video della durata di 1-2 minuti, girati in 15 diverse città: il lavoro pagato e non pagato, materiale e immateriale, manuale e automatizzato, tradizionale e innovativo, reiterato ed ossessivo, viene ritratto attraverso calzolai, cuochi, camerieri, lavavetri, infermieri, tatuatori o spazzini. Con Permanent Error (Errore permanente), 2010 Pieter Hugo racconta ciò che accade nella discarica di rifiuti tecnologici di Agbogbloshie, capitale del Ghana, alla periferia di Accra, uno dei luoghi più inquinati del mondo: milioni di tonnellate di vecchi pc, tv, telefoni cellulari e altri dispositivi si affastellano dappertutto, come reliquie dimenticate i cui residui tossici contaminano aria, acqua, terra, persone e animali. 


Il milanese Armin Linke infine, da anni di stanza a Berlino, con Flocking (Stormo), 2008, 13’ 26’’ mette in scena un vero e proprio progetto cinematografico che interseca ricerca scientifica e produzione artistica, realizzato in collaborazione con il Centro per la meccanica statistica e complessa (SMC) dell’Università La Sapienza di Roma, lo ZKM di Karlsruhe (Centro per l’arte e la tecnologia dei media) e le facoltà di Fotografia e Media 3D Art dell’Università di Arti e design di Karlsruhe: l’accento del progetto è posto sulla tecnologia, sui sistemi complessi e le strutture auto-organizzate, con il superamento del soggetto attraverso il mezzo, che diviene fine ultimo della ricerca e del lavoro stesso. E dunque ciascun video, seppur con una matrice minuziosamente connotata e precisa, risulta ideale continuazione dell’altro, mediante l’accostamento di elementi e situazioni che appaiono come un esteso unicum: il moto compulsivo e ripetitivo ben delinea lo scenario del lavoro irriflesso, lo spettatore s’immerge in un bagno di puro realismo, laddove anche la quotidianità diviene necessariamente impattante.
Fino al 17 aprile, info: www.mast.org
Qui una photogallery: insideart.eu/2017/02/24/lavoro-in-movimento