Joseph Marioni con la sua luce liquida in mostra da Luca Tommasi

Milano

”Ciò che stiamo cominciando a capire è che quando abbiamo raggiunto la piena comprensione di un’opera finita, quando abbiamo spogliato il dipinto da tutto il contesto mondano e arriviamo a osservare la carne disadorna del suo corpo, solamente pittura su tela, ciò che vediamo emanare dal suo corpo è luce smaterializzata. Il materiale rivela l’immateriale e il grande paradosso della nostra modernità è che la nostra aspettativa debba essere qualcosa di diverso da ciò che è”. Queste le parole di Joseph Marioni a proposito della sua luce liquida, Liquid Light, in mostra fino al 21 gennaio nella galleria Luca Tommasi Arte Contemporanea di Milano: materia che si liquefa, e quindi idealmente si smaterializza, rivelando una luce inaspettata, che non abbaglia e non riflette, propria di un’identità nuova.

Il radicale Piero Manzoni negava con assolutezza il colore con i suoi Achromes, Marioni svela i tratti distintivi delle sue opere esaltando la trasformazione della materia pittorica, protagonista dell’atto del dipingere: la pittura assume dignità di fine e non di mezzo di rappresentazione della realtà, la realtà è la pittura stessa, con i suoi limiti e le sue molteplici possibilità, divenendo metafisica nella sua essenza, in quanto non si occupa di raccontare il mondo ma solo se stessa; si può quindi parlare di metapittura, di una sorta di archetipo. Obbedendo fedelmente alla legge del less is more, Marioni invita lo spettatore a riscoprire la luce propria di un dipinto, totalmente scevra da qualsiasi orpello o effimero riflesso.