Rovereto futurista

Rovereto non è solo uno splendido comune nella Vallagarina nel Trentino Alto Adige, ma rappresenta un punto fondamentale per conoscere la storia dell’arte moderna e contemporanea. Gallerie, associazioni e istituzioni affrontano la realtà artistica con una forza didattica concreta. A partire dalla Casa d’arte futurista Depero, l’unico museo futurista in Italia e fondato oltretutto da un futurista, lo stesso Fortunato Depero nel 1957. Nicoletta Boschiero, responsabile del museo e Duccio Dogheria, curatore Archivio del ’900, propongono negli spazi di Casa Depero, una mostra che mette in dialogo le azioni teatrali futuriste con la performance del secondo novecento. Fino al 7 maggio, con Performance, corpo privato e corpo sociale, si confrontano tra loro patrimoni eterogenei e complementari sviluppando un’indagine su uno dei temi centrali della storia dell’arte del Novecento: l’uso del corpo, inteso come oggetto e soggetto, strumento e luogo di ricerca.

Dalle declamazioni futuriste, alle performance nelle gallerie e negli spazi pubblici, gli artisti risposero alla necessità di sconcertare e coinvolgere il pubblico, allontanandosi dalle pratiche accademiche per regalare una nuova visione di mondo, di politica e di impegno. Il contesto è veramente eccezionale e vale decisamente il viaggio, nulla è più suggestivo di una location dove un artista ne è l’ideatore. Infatti Depero era un vero pioniere del design contemporaneo, curò personalmente ogni dettaglio: i mosaici, i mobili, i pannelli dipinti ma purtroppo morì poco dopo l’apertura nel 1960.

Il 17 gennaio 2009, in occasione del centenario del Futurismo, il Mart ha dato una seconda vita a Casa Depero. Un complesso restauro, firmato dall’architetto Renato Rizzi, ha recuperato le zone originali progettate dall’artista, completandole con due nuovi livelli ispirati direttamente al gusto di Fortunato Depero. Si possono ammirare, esposti a rotazione, circa tre mila oggetti lasciati dall’artista alla città, fra dipinti, disegni, tarsie in panno, grafiche e giocattoli. In dialogo con l’allestimento permanente, il percorso si snoda tra una selezione di opere appartenenti alle Collezioni del Mart e materiali provenienti dall’Archivio del ’900. Nulla è lasciato al caso, infatti una fase fondamentale della ricerca di Depero è quella connessa al corpo e alla sua messa in scena, anticipando di qualche decennio il concetto di performance.

Una parte introduttiva della mostra è dedicata all’espressività corporea delle avanguardie storiche, dalle aerodanze di Giannina Censi alle teatrali fotografie solarizzate di Edmund Kesting. Nel secondo Dopoguerra un’idea di corpo ferito si ritrova in alcune performances radicali legate al Wiener Aktionismus, in mostra anche opere di Hermann Nitsch e Arnulf Rainer, mentre un accento più ironico caratterizza la raccolta di frammenti corporali esposti nel 1973 al Centro Tool di Milano per Bodies, mostra ora interamente riproposta a Casa Depero. Un primo gruppo di documenti rimanda ad azioni collettive, come nel caso delle performance di teatro politico del Living Theatre o di Enrico Baj. Il lavoro di Cindy Sherman e Andres Serrano sviluppa invece l’idea di corpo artificiale, frutto di un travestimento che porta alla trasformazione e ridefinizione dell’identità, anche in questo caso le opere sono arricchite da documenti d’archivio, dalle fotografie di performance di Giuseppe Desiato e da alcuni libri d’artista di Luigi Ontani. Significative, per scoprire un corpo come luogo di ricerca, sono alcune opere di Arias Misson e Ketty La Rocca.

Al primo piano di Casa Depero tre video di performance: Cut piece (1964) di Yoko Ono, che attesta l’inizio di un percorso molto importante sull’identità femminile, Applications (1970) di Vito Acconci, e un inedito video amatoriale della performance Mein Gott non Dieu kein Gott di Sarenco, eseguita a Bienne il 30 maggio 1970 in occasione del Festival de l’Imagination. Un’esposizione imperdibile che racconta la storia vera, vissuta, documentata del mondo della performance avvolti da potente ossigeno futurista.

A due passi da Casa Depero, il Mart, ora mai simbolo in Europa per l’arte moderna e contemporanea. Tra le mostre in corso da sottolineare l’ultima arrivata: Umberto Boccioni, genio e memoria. Aperta fino al 19 febbraio, dopo il successo a Palazzo Reale, Milano, l’esposizione si sviluppa tra oltre 180 opere legate profondamente con l’identità del museo, con le Collezioni e i fondi dell’Archivio del ’900. Disegni, dipinti, sculture, incisioni, fotografie d’epoca, libri, riviste e documenti raccontano la storia dell’artista che l’Italia, nel 1998, scelse per le monete da venti centesimi. Nella ricorrenza del primo centenario della morte di Boccioni (1882-1916) a cura di Francesca Rossi, Castello Sforzesco di Milano, con la collaborazione di Agostino Contò, Biblioteca civica di Verona, un nuovo allestimento, ripensato appositamente per il museo di Trento e Rovereto, mette in evidenza il genio del maestro lungo un percorso intenso e carico, non solo di emozioni, di energie, di spinta creativa, ma di quelle informazioni utili e necessarie per una corretta panoramica della storia dell’arte.

«La consapevolezza di dover offrire all’attenzione degli studiosi, come del pubblico più ampio, gli elementi di novità che questi documenti contengono per la conoscenza dell’autore – afferma la curatrice Rossi – è stata la ragione principale che ci ha uniti nella preparazione di questa mostra e che ci ha spinti a concepirla innanzitutto come uno stimolo per ulteriori e più approfonditi studi». Tra le opere il mostra: Nudo di spalle (Controluce) del 1909, proveniente dalle collezioni del Mart, Forze di una strada del City museum of art di Osaka, Elasticità del 1912 del Museo del Novecento di Milano e la celeberrima scultura, icona della plastica futurista e riprodotta sulle monete italiane da venti centesimi, Forme uniche della continuità nello spazio del 1913, proveniente dall’Israel museum di Gerusalemme, surmoulage del 1972.