È tornata la Quadriennale

Quadriennale per modo di dire. La storica rassegna dedicata all’arte contemporanea italiana, torna infatti dopo un’edizione saltata, e quindi a otto anni invece che quattro dalla precedente. Un lavoro immenso cercare di recuperare i mesi persi e forse per questo, stavolta, a curarla non è un unico direttore, come da tradizione, ma undici, con dieci progetti diversi. La sede è sempre quella della prima edizione del 1931: il palazzo delle Esposizioni. La struttura si prepara a ospitare da ottobre una vagonata di artisti, nella stragrande maggioranza giovani ma ci sarà anche qualche maestro come Paolo Gioli. In un clima romano politicamente cambiato e con un’edizione non certo tradizionale abbiamo scambiato quattro chiacchiere con il presidente della Quadriennale Franco Bernabé.

Dopo otto anni di assenza, la Quadriennale torna a Roma in una versione completamente rinnovata. Ci può raccontare qual è stato l’iter di questa riapertura?
«Riposizionarsi nel panorama dell’arte, dopo otto anni di assenza, per la Fondazione Quadriennale voleva dire ricominciare da zero, ma ho accettato con entusiasmo la sfida. Con il ministro Franceschini che mi ha chiesto di farmi carico del rilancio della più importante istituzione pubblica per l’arte contemporanea italiana ci siamo detti che il rilancio poteva partire solo dalla messa in cantiere della mostra. Lavorando sia sul pubblico che sul privato abbiamo trovato in tempi abbastanza rapidi i circa due milioni necessari a finanziare l’iniziativa. Quello che mi fa più piacere è proprio il carattere pubblico – privato della Quadriennale: entrambe le parti hanno infatti contribuito in modo paritario al finanziamento.

La Quadriennale d’arte mantiene salda la propria fisionomia identitaria di mostra di ricognizione dell’arte italiana contemporanea, ma è l’esito di un nuovo modello di produzione e di nuove modalità di relazione con i principali attori di questo mondo. Per la costruzione dei contenuti, la principale novità è indubbiamente l’apertura al confronto con curatori delle nuove generazioni attraverso una Call for projects. Per la valorizzazione dei contenuti della mostra è stato necessario avviare un’intensa attività di relazione e di comunicazione utilizzando diversi canali sul piano nazionale e internazionale. Abbiamo costruito una rete di alleanze con le altre realtà attive nel contemporaneo, soprattutto nel territorio di insediamento dell’istituzione, che avrà come esito principale, per la prima volta, un Fuori Quadriennale. Abbiamo inoltre costruito una rete di partenariati all’interno del mondo delle imprese, che ci ha consentito di dare più forza ad alcuni obiettivi condivisi connessi al nostro progetto (iniziative educational, promozione all’estero, creazione di nuove opportunità per gli artisti partecipanti). Abbiamo stretto una collaborazione con il Ministero Affari Esteri, indispensabile partner per il roadshow internazionale della mostra (prime tappe Basilea, Pechino, Londra). Ora la sfida è riuscire a attirare il più possibile a Roma nel week end di apertura della Quadriennale ospiti internazionali di livello».

Dieci progetti espositivi per undici curatori. Perché? Com’è nata l’idea?
«Sono convinto che pluralismo e trasparenza debbano essere un faro per una istituzione pubblica. La nostra intenzione era quella di restituire una visione del contemporaneo italiano, che desse conto il più possibile della sua vitalità e della sua ricchezza espressiva. Sono stati invitati alla Call for Projects 69 curatori trentenni e quarantenni, in 38 hanno presentato un progetto articolato per autori e tematiche, dieci sono stati i progetti selezionati, di cui uno firmato da due curatori. Il tutto affidato alla analisi e alla selezione di una autorevole Commissione interdisciplinare di esperti, rigorosamente esterna. Tra i curatori alcuni sono già affermati anche all’estero (Luigi Fassi, Luca Lo Pinto, Simone Frangi), altri hanno firmato mostre importanti (come Marta Papini, Cristiana Perrella), altri ancora si muovono nei circuiti indipendenti (come Michele D’Aurizio, Matteo Lucchetti) o appartengono alla new wave della critica (Simone Ciglia e Luigia Lonardelli, Domenico Quaranta, Denis Viva)».

Alla luce dei progetti curatoriali presentati, cosa ne pensa? Sono in linea con quelle che erano le sue aspettative?
«I curatori sono molto motivati e si sentono fortemente responsabilizzati rispetto alla prova della Quadriennale d’arte. Il tavolo dei curatori ha operato sia come strumento di concertazione al loro interno sia come raccordo per l’interlocuzione con la committenza. Rinvierei ogni valutazione alla apertura. La mostra è un organismo vitale in continuo sviluppo i cui caratteri si definiscono soltanto quando è allestita. A questo aggiunga che, fortunatamente, è alta la percentuale di opere site specific o realizzate per la mostra, così come è considerevole il numero di performances. Anche la scelta degli artisti, devo dire, è sorprendente, per la presenza di alcuni mostri sacri quali Baruchello, Icaro, Carol Rama, Corrado Levi, Gioli accanto a artisti che provengono dagli anni Novanta come Airò, Bartolini, Vezzoli, Pietroiusti, Vitone, Favaretto, Migliora e, naturalmente, molti talenti emergenti come Husny Bey, Alek O, Tadiello, Elena Mazzi, Invernomuto, Rosa Barba. Mi aspetto sicuramente che da una scelta così ampia venga fuori lo spirito del nostro tempo, o, come suggeriamo nel titolo, i suoi simboli, le sue narrazioni, i suoi miti. Tra le tematiche in mostra: la posizione dell’artista nella società contemporanea, l’identità, la memoria, l’ambiente, il riuso, il digitale, il rapporto tra centro e periferie, il valore della democrazia e della storia».

La Quadriennale è ospitata nella sede storica di Palazzo delle Esposizioni, museo che deve gran parte del suo successo a mostre su tematiche e personaggi noti a un grande pubblico. Non teme che una proposta così contemporanea possa ”spaventare” i visitatori?
«Assolutamente no. Palazzo delle Esposizioni è la sede tradizionale delle Quadriennali d’arte. Quasi tutte le edizioni si sono svolte lì, con poche eccezioni.È significativo che negli anni trenta, dopo il profondo intervento di restauro, l’edificio piacentiniano fosse noto come il Palazzo della Quadriennale. Ci sono dei bellissimi video dell’Istituto Luce che testimoniano come il Palazzo sia cambiato per le Quadriennali con allestimenti che hanno fatto storia. Sono attualmente visibili nella mostra che la Galleria d’arte moderna di Roma Capitale in via Crispi ha voluto dedicare alle nostre prime edizioni e che sarà visitabile fino alla apertura della 16a Quadriennale».

Quale sarà il futuro della Quadriennale? Quali sono le strategie economiche vincenti per un ritorno definitivo della rassegna?
«La 16 a edizione della Quadriennale d’arte è un esperimento dalle solide basi. Abbiamo la tradizione, la storia e l’identità per fare bene. Tuttavia con l’inaugurazione di ottobre e il coinvolgimento di molteplici soggetti, abbiamo la volontà di creare un appuntamento che non vada a spegnersi nel corso dei tre anni che ci separano dall’edizione successiva. Sarebbe molto interessante poter inaugurare un appuntamento che si costruisce attorno alla settimana del contemporaneo e che possa riproporre ogni anno degli spunti e delle iniziative che puntino a ristabilire una centralità di Roma come polo dell’arte contemporanea italiana. Continueremo nella nostra attività di documentazione del contemporaneo italiano anche su supporto editoriale, dopo l’esperienza pilota di Terrazza che dovrà essere resa periodica. Con la Direzione Generale Arti contemporanee e Perifierie del Mibact stiamo lavorando al modello dell’Arsenale come spazio di creatività contemporanea».

La rassegna capitolina va a inserirsi in un quadro politico altrettanto rinnovato dal recente cambio di guardia del sindaco e della giunta comunale. Ritiene che iniziative come la Quadriennale possano contribuire a gettare le basi per una condizione di centralità culturale della città?
«Assolutamente sì. Si prepara un autunno di grande fermento per Roma con RomaEuropa Festival, Quadriennale, Festa del Cinema uno dopo l’altro, in una esplorazione dei diversi domini della cultura contemporanea: teatro, danza, arti visive, cinema. La nuova giunta mentre stiamo parlando è stata appena presentata e si sta insediando. Sono sicuro che saprà cogliere il nuovo spirito della Quadriennale e che non potrà che apprezzare il lavoro di tessitura che è stato fatto tra tutti gli operatori culturali attivi nel contemporaneo. E che ora va valorizzato a livello nazionale e all’estero».

INFO
La Quadriennale di Roma è una delle storiche rassegne dedicate all’arte contemporanea. Fine dichiarato, fin dalla sua prima edizione del 1931, è documentare le nuove tendenze artistiche esclusivamente italiane lasciando alla biennale di Venezia il compito di mantenere un respiro internazionale. Innumerevoli gli artisti ospitati, autori che hanno segnato la storia dell’arte da Carlo Carrà fino a Nico Vascellari. Solitamente allestita nel palazzo delle Esposizioni a Roma, la Quadriennale ha conosciuto anche gli spazi della Gnam e altre città come Napoli e Torino. Questa sedicesima rassegna apre il 13 ottobre nella sua sede storica dopo l’edizione saltata per mancanza fondi del 2012. Info: www.quadriennale16.it