Brexit gli effetti sull’arte/2

Continua la nostra inchiesta sugli effetti di Brexit sul mercato dell’arte. Il ciclone del “leave” è un fenomeno di cui gradualmente si stanno conoscendo le ripercussioni in vari settori dell’economia e della finanza. Ma cosa può succedere nel campo dell’arte? Cambieranno le geografie del mercato? Ne abbiamo parlato con l’avvocato Silvia Stabile, counsel di BonelliErede ed esperta in diritto dell’arte. Una delle più attendibili conoscitrici della materia.

Proviamo a ordinare le idee: fino ad oggi qual è l’indirizzo di policy in Gran Bretagna relativamente a import/export di opere d’arte, regime fiscale e tutela giuridica degli acquirenti?
«Come per gli altri paesi dell’Unione europea, anche nel Regno Unito, la normativa nazionale in materia di diritto dell’arte e dei beni culturali può variamente essere influenzata dalla adozione di regolamenti e di direttive in sede comunitaria.

Esportazione
Chiunque intenda esportare, in via definitiva o anche solo temporaneamente, un’opera d’arte di interesse culturale la cui esecuzione risalga a oltre 50 anni e il cui fair market value risulti superiore a determinate soglie di valore, deve ottenere dall’autorità competente, l’Arts Council per conto del Segretario di Stato, una licenza d’esportazione (individual export license). Per alcune tipologie di beni, inoltre, è possibile ottenere una licenza d’esportazione generale e aperta (open general export license), come ad esempio, per fotografie (negativi e positivi) di valore inferiore a £10.000 o per i dipinti (ad olio o tempera) il cui valore è inferiore a £180.000 (ad eccezione dei ritratti di personaggi storici britannici che possono essere esportati solo se di valore inferiore a £10.000). Inoltre, nel caso in cui sia necessaria anche una licenza d’esportazione europea (EU license), in base al Regolamento CE 116/2009, non è sufficiente la licenza generale e l’esportatore deve ottenere anche la EU license.

IVA d’importazione
All’importazione definitiva di opere d’arte, da un paese extra-UE in UK, si applica l’IVA del 5% sul valore del bene (l’IVA d’importazione per beni che non sono oggetti d’antichità, opere d’arte o beni da collezione, è attualmente pari al 17,5%); mentre l’importazione di un’opera d’arte in UK da un altro Paese dell’UE non è soggetto ad IVA d’importazione. Il rate del 5% è il più basso in tutta Europa (in Italia, l’IVA d’importazione è pari al 10%).

IVA e regime del margine
L’IVA applicata alla vendita di opere d’arte nel Regno Unito è pari al 20%; in alcune circostanze non si applica l’IVA come nel caso di cessione di un’opera d’arte proveniente da una dimora storica privata a una collezione pubblica. Alla vendita di opere d’arte inoltre può applicarsi il regime del margine in base al quale è tassata la differenza tra il prezzo di acquisto e di rivendita e non il prezzo di vendita per intero: in questo ultimo caso, l’IVA è pari al 16.67% della differenza.

Incentivi fiscali
Sempre l’Art Council incentiva da un punto di vista fiscale le acquisizioni museali da parte dei privati: consente ai privati di cedere a istituzioni culturali pubbliche la proprietà di opere d’arte al posto di pagare le tasse di successione (acceptance in lieu scheme); di donare alle collezioni pubbliche opere d’arte di importante valore culturale con notevoli sgravi fiscali (cultural gift scheeme); di acquistare opere d’arte da parte di collezioni pubbliche ad un prezzo ridotto, pari al 70% del valore di mercato, del quale beneficia sia l’acquirente che il privato venditore (Private Treaty Sales).

Artist’s Resale Right
In UK, il diritto di seguito (artist’s resale right) del quale beneficia l’artista per ogni rivendita delle sue opere d’arte contemporanea di valore superiore a £1.000 eseguite per il tramite di una galleria, casa d’asta o art dealer, è giunto al suo decimo anniversario (è stato introdotto il 13 febbraio 2006 in attuazione della direttiva 2001/84/EC). Da allora, la DACS (consorella SIAE in UK) ha distribuito £46.9 milioni di ARR royalties a più di 3.900 artisti e loro eredi, rendendo il diritto di seguito una delle più significative fonti di reddito».

Cosa potrebbe cambiare con Brexit?
«È difficile prevedere oggi cosa cambierà nel panorama dell’arte quando Brexit sarà definitivamente attuato. Se Brexit significherà uscita dall’Unione europea senza particolari negoziati, il Regno Unito diventerà un paese terzo con le conseguenze immaginabili derivanti da una normativa non più omogenea (si pensi ad esempio, all’uscita e ingresso in UK di opere d’arte provenienti dagli altri Paesi dell’UE, specialmente dai grandi Paesi esportatori come Italia e Francia). Tuttavia, come è stato osservato, l’uscita del Regno Unito dall’EU non comporterà necessariamente una perdita del primato UK nel mercato dell’arte. Secondo il TEFAF Art Report 2016, nel mondo, per volume d’affari, il Regno Unito detiene una quota del 21% del mercato dell’arte, dopo gli Stati Uniti (43%) e prima della Cina (19%) e, in Europa, è il primo tra i Paesi dell’Unione europea con una quota pari al 64% del mercato europeo, seguito da Francia (19%), Germania (5%) e Italia (3%). Questo dato non dovrebbe subire modifiche post-Brexit».

Perché secondo lei Christie’s e Sotheby’s non si sono dimostrate preoccupate per Brexit?
«Secondo un articolo apparso sul New York Financial Time, a seguito di Brexit il pound è drasticamente sceso e si è creato un generale clima di incertezza che avrebbe comportato un impatto considerevole sul mercato delle aste d’arte contemporanea a Londra. Invece, a distanza di pochi giorni, come si è appreso, dalla stampa internazionale e dai risultati delle tre aste a Londra, da Phillips, Sotheby’s e Christie’s, il mercato ha reagito positivamente e solo in rari casi sono state ritirate delle opere d’arte dai venditori».

L’asta indetta da Phillips il giorno dopo Brexit è andata in realtà molto bene nonostante il crollo contemporaneo dei mercati e così anche quella di Sotheby’s. Se lo aspettava?
«Phillips, Sotheby’s e Christie’s hanno passato con successo il Brexit Test e tutto il mondo dell’arte si attendeva una reazione positiva. Il 27 giugno 2016, nella 20th Century & Contemporary Art Evening Sale di Phillips, un’opera di Anselm Kiefer è stata aggiudicata per £ 2.389.000 (prezzo di stima £400.000/600.000) seguita da un’opera di Rudolf Stingel, aggiudicata per £1.325.000; il 28 giugno 2016, è stata la volta di Sotheby’s, con la Contemporary Art Evening Auction, che ha realizzato un totale di vendite pari a £52.194.000, con risultati ottimi per la vendita di un’opera di Jenny Saville aggiudicata per £6.813.000 e dell’opera «The Last Rainforest» (1989) di Keith Haring aggiudicata per £4.181.000. Il giorno successivo, il 29 giugno 2016, Christie’s Post War & Contemporary Evening Sale ha realizzato un totale di vendite pari a £39.566.000: l’opera «Pork» di Jean Michael Basquiat è stata venduta per £5.122.500».

Quale segmento di mercato avrà più probabilità di essere condizionato da Brexit?
«Non credo che il mercato dell’arte contemporanea subirà contraccolpi nel breve-medio termine: per i collezionisti la debolezza della moneta inglese, rispetto all’euro o al dollaro, sarà un incentivo ad acquistare sulla piazza londinese e forse anche un incentivo a comprare giovani ed emergenti artisti inglesi, come Chantal Joffe, ad esempio, o Charles Avery, già presenti in importanti collezioni private e museali. Come detto, Brexit potrebbe comportare modifiche dell’attuale framework normativo con l’uscita del Regno Unito dall’UE che potrebbero avere un impatto sulla libera circolazione delle opere d’arte, in ingresso e in uscita, e delineare un differente regime fiscale. Ma un’IVA maggiore non determinerà necessariamente la scelta dei grandi collezionisti di spostarsi verso altri mercati».

L’incertezza sulle modalità di esecuzione di Brexit può avere ripercussioni sul mercato dell’arte?
«Oltre all’andamento positivo delle aste d’arte contemporanea post-Brexit, anche le aste Old Masters di Sotheby’s e Christie’s hanno dimostrato una certa solidità. Sotheby’s ha chiuso con un fatturato di £103.3 milioni, l’80% del quale è stato raggiunto con la vendita dell’opera “Femme Assise” (1909) di Picassso e dell’opera “Jeanne Hébuterne (au Foulard)” (1919) di Modigliani, vendute rispettivamente per £43.3 milioni e £38.5 milioni, un record per l’asta di Londra. L’asta di Christie’s ha invece visto il ritiro dalla vendita di tre opere importanti di cui due opere di Picasso e una di Magritte. Ma nel corso dell’asta organizzata per il 250esimo anniversario di Christie’s, sono stati realizzati £99.5 milioni con un record per la vendita di una scultura dell’artista inglese Henry Moore aggiudicata per £24.7 milioni, oltre 4 milioni la stima (£20 milioni). Guardando al futuro, il Brexit vote forse determinerà una maggiore domanda per questo segmento del mercato, dove la solidità finanziaria di certi Old Masters sarà percepita come una forma d’investimento più sicuro e meno volatile dell’arte contemporanea. Come affermato, le principali case d’asta sono pronte a reagire al post-Brexit senza particolari allarmismi essendo abituate ai cambiamenti, già intervenuti in passato, sia sul mercato dell’arte sia nei sistemi normativi di riferimento dei paesi dove le case d’asta sono presenti nel mondo».

Come dovrebbe comportarsi, secondo lei, il sistema italiano dell’arte per governare a suo vantaggio questo importante cambiamento?
«Brexit potrebbe secondo alcuni comportare un miglioramento della posizione globale dei paesi dell’UE rispetto al Regno Unito e una maggiore competitività di altri paesi come Germania, Francia e Italia. Tuttavia credo che Londra continuerà a mantenere il proprio primato in Europa come principale piazza del mercato dell’arte contemporanea globale e piattaforma di lancio per comparti del mercato ancora non completamente esplorati come l’arte del continente africano (Sotheby’s ha annunciato, nel 2017, una importante asta di opere d’arte africana)».

Stati Uniti e mercato orientale vedranno da oggi in Europa un competitor più debole?
«Il mercato dell’arte è un mercato globale: Brexit attirerà collezionisti da Stati Uniti e Asia invogliati ad acquistare opere d’arte di qualità a prezzi competitivi considerata la diminuzione di valore della moneta inglese. I collezionisti asiatici in particolare i cinesi hanno imparato a diversificare il portafoglio. Le opere collezionate spaziano tra arte di origine europea (principalmente Old Masters) e arte tradizionale cinese; come recentemente affermato da Helena Newman, Sotheby’s global co-head Impressionist & Modern Art, in un articolo pubblicato da Bloomberg, “Even though the sales take place in pounds, at the high end the global currency is in dollars”. E questo spiega molte cose».

Per leggere il primo capitolo dell’inchiesta clicca qui.

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