Guai a chi privatizza la Street art. Blu cancella le sue opere dai muri per protesta

Bologna

No a chi toglie la ”street” dalla Street art. A Bologna pare si stia toccando il fondo di questo delicato dibattito. Da un lato c’è il museo diffuso Genius Bononiae, che ha dietro la Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, e la loro mostra Street Art. Banksy & Co. – L’arte allo stato urbano, organizzata in collaborazione con la Fondazione Carsico (dal 18 marzo al 26 giugno a Palazzo Pepoli). Dall’altro c’è il celebre street artist Blu, che contesta la filosofia alla base della mostra in questione. Il pomo della discordia affonda le radici in un tema molto attuale: la ”privatizzazione della Street art”. La mostra, infatti, espone pezzi di muri con opere di noti street artist, alcuni dei quali ”prelevati”, secondo l’accusa, senza il consenso degli autori. Blu, da sempre impegnato nella difesa dell’integrità e della socialità di questa forma d’arte, non ci sta. E per contestare questo progetto ha deciso di agire in modo eclatante: nella notte tra l’11 e il 12 marzo, aiutato da un gruppo di volontari, ha cancellato le sue opere realizzate sui muri di Bologna. L’artista non accetta il principio cardine della mostra. E soprattutto non vuole che la scena ”street” bolognese sia raccontata da una realtà accostata al nome di Fabio Roversi Monaco, uomo molto in vista nel contesto finanziario e politico bolognese, espressione di un establishment economico molto influente e, a detta di molti, controverso, e per questo considerato la persona meno adatta a rappresentare la forma d’arte più ”anarchica” che c’è. Blu ha affidato la spiegazione del suo gesto al blog Giap (leggi qui).
”Il nome di Roversi Monaco – scrivono nel blog – più di ogni altro nella storia recente di Bologna, evoca la congiuntura di potere, denaro e istituzioni, con la repressione che li accompagna. Ai tempi delle celebrazioni per il Nono Centenario dell’Ateneo cittadino rifiutò qualunque dialogo con gli studenti che protestavano per i costi della festa. Alla cerimonia di inaugurazione, nell’aula magna di Santa Lucia, la polizia tenne i contestatori fuori dalla porta. Il gran galà si concluse con 21 denunce a carico dei manifestanti. Era il 1987. Tre anni dopo, per le occupazioni della Pantera contro la Legge Ruberti che apriva l’università ai finanziamenti privati, le denunce furono 127. Niente di strano, allora, nel vedere Roversi Monaco dietro l’arroganza piaciona di curatori, restauratori e addetti alla cultura, che con il pretesto dell’amore per l’arte di strada trovano un’occasione di carriera, mettendo a profitto l’opera altrui”.

La mostra tuttavia ci sarà ed è, senza dubbio, un progetto che storicizza una fase cruciale dell’evoluzione della Street art. Da tempo, infatti, i murales sono entrati in galleria (e talvolta nei musei) e rappresentano la base di un collezionismo nuovo e già consolidato. Ma la natura della Street art è compatibile con tutto ciò? Si tratta di una forma di evoluzione o involuzione della Street art? È possibile trovare un equilibrio che non snaturi l’impegno e la scelta degli street artist? È un dilemma di fronte al quale molti stanno prendendo posizione. Blu ha preso la sua. Ma di certo staccare i pezzi di muro deliberatamente per ”venderli” al migliore offerente non è stata un’iniziativa degna di chi vuole contribuire costruttivamente alla scrittura di una nuova pagina della storia della Street art.