La street art in un volume

«Questo lavoro nasce come tentativo di analisi storico-critica di un movimento in costante ridefinizione e aggiornamento, le cui radici vanno ben oltre il writing e il graffitismo a cui spesso viene ricondotto». Così Duccio Dogheria, autore del corposo volume Street art (Giunti editore, 240 pagine, 39 euro), il cui sottotitolo – “storia e controstoria, tecniche e protagonisti” – esplicita l’evoluzione di un’espressione, esplosa anche grazie al web, dove l’indeterminatezza e l’irregolarità di significato rappresentano la vera essenza e punto di forza. Entrando nel dettaglio, l’autore spiega che «se la parte storica riveste la prima sezione del libro, la scena contemporanea occupa il cuore del volume ed è scandita dalle specificità tecnico-espressive predominanti in ciascun artista: dai murales agli stickers, dallo stencil alla poster art agli interventi di arte urbana». Quindi Dogheria sottolinea che «tra i 250 artisti che ho preso in considerazione troviamo i big indiscussi – Banksy, Blu, Fairey, Ericailcane, Osgemeos, Vhils, solo per citarne alcuni – affiancati dalle nuove leve». Dunque, dai graffiti rupestri alle grottesche, dai murales messicani ai “contro-giornali” della controcultura anni sessanta e settanta fino ai giorni nostri, Dogheria (classe 1976, nato a Rovereto) guida il lettore tra i meandri di un movimento sul quale «come tutte le cose sulla bocca di tutti, si parla spesso a sproposito, perlopiù in termini decorativi, quasi fosse una medicina con cui curare brutture architettoniche di edilizia popolare, o un elemento cool con il quale condire a sproposito certe insipide pubblicità».

Incalza l’autore (che due anni fa, sempre con Giunti, ha pubblicato un dossier dedicato alla street art, che lui stesso definisce una sorta di bignami del nuovo lavoro): «Le cose sulla bocca di tutti portano spesso alla noia, un po’ come le mostre sugli impressionisti. Del resto Banksy è diventato una sorta di Che Guevara contemporaneo, ma come ogni icona ha il suo inseparabile merchandising». Tuttavia, prevale l’ottimismo. «In questo vociare noto anche una maggiore attenzione da parte delle istituzioni, del passante – che comincia a non veder più tutto ciò che compare sul muro come un atto di vandalismo a prescindere – e di molti studenti, interessati ad approfondire taluni aspetti e figure del movimento». Va da sé che a Londra, Berlino, New York, San Paolo o Milano, le strade delle metropoli (e non solo) rimandano sempre di più a delle gallerie a cielo aperto. «Opere banali o geniali, si legge nell’introduzione di Street art –, piccole come francobolli o grandi centinaia di metri quadri, realizzate nel cuore della notte con cuore palpitante, a proprio rischio e pericolo, o al contrario profumatamente pagate da amministrazioni comunali e portate avanti in tutta sicurezza». Info: www.giunti.it