La pornografia ammala

La carriera artistica di Christo Viola è iniziata quando «a dieci anni ho incominciato a disegnare e tagliare i vestiti per le mie Barbie». Da allora la sua formazione è passata attraverso studi di pedagogia, antropologia e arte. Vive e lavora Londra e utilizza i suoi scatti per raccontare una femminilità dirompente, tormentata e narcisista.

Com’è nato l’istinto di scattare autoritratti e di farlo nuda?
«La mia fotografia è un’esigenza da soddisfare assolutamente, un vomito, un bisogno primario, al contempo è rivisitazione di me stessa che accade improvvisamente nella mia mente, mi nutro della realtà circostante come un feticcio che mi emoziona e diventa arte. Nelle mie foto c’è tanta realtà che assume un aspetto glamour, considerando la mia personalità narcisistica ed esteta. Ad esempio, nel progetto Bordel volevo guardarmi attraverso le modelle, nel progetto My life is a true story avevo semplicemente voglia di guardarmi e di guardare mia madre».

Quanto conta il tuo background multidisciplinare nelle immagini che realizzi?
«La mia cultura viaggia tra medicina, astrologia, religione, antropologia e psicologia come filosofia: tutte discipline che hanno a che fare con l’umano! Tutto quello che è corpo e mente mi attrae, ma non ho ancora risposte a sufficienza, ho voglia di scoprire e andare oltre e lo faccio attraverso la mia arte, chiaramente. L’argomento di rilievo è il sesso, da cui secondo mia opinione la vita non può non prescindere, alla base di una salute mentale e fisica c’è una buona attività sessuale, così con la mia fotografia indago tutti gli aspetti della sessualità, dal più normale al più perverso e onestamente, racconto fortemente il mio».

Il tuo corpo è l’espressione del tormento e dell’auto-erotismo. Dove si colloca la fotografia in mezzo a questi sentimenti all’apparenza contrastanti e a questi corpi a volte esteticamente imperfetti?
«La fotografia è il mio tormento e il mio erotismo. Ogni buona foto racconta totem e tabù, in modo imprescindibile l’uno dall’altro, così come ogni orgasmo è vicino alla sensazione di morte tale è ogni fotografia: un orgasmo che dopo lo scatto finisce e comincia a narrare allo spettatore. L’arte è così per me, una sorta di vetrina in cui mi guardo e faccio guardare, la moda è il feticcio che trasforma il mio desiderio in oggetto ed espone l’opera di un designer di grande talento».

I tuoi ritratti sono drammatici e provocatori, così alcuni marchi storicamente abbinati ad un immaginario anticonformista come Diesel ti hanno voluta per le loro campagne. Ci racconti il tuo legame con la moda?
«Diesel mi ha voluta per il progetto Diesel Reboot, innovativo assolutamente unico, in un periodo in cui di Arte non si parla più, Nicola Formichetti interrompe toccando una realtà in divenire continuo e nascosta la creatività, ed io l’ho accolto con immenso entusiasmo, Rifiuto di pensare che ciò che sta accadendo ora nella moda sia vero. Si assiste a una totale spersonalizzazione del marchio e di conseguenza un appiattimento dell’immagine, basta entrare in un’edicola per comprare un giornale per  accorgersi di come non si riesca più a riconoscere il fotografo, a malapena l marchio. Dopo l’avvento della fotografia commerciale in conseguenza alla moda commerciale che ha sostituito la moda come arte, c’è tanta perdita e grigiore intorno, si parla di crisi.  Il consumatore è confuso e fa fatica a scegliere e comprare, perciò sono sostenitrice di una vera rivoluzione artistica in questo settore, come quella di Diesel Reboot».

Nella tua ricerca estetica quanto conta l’imperfezione?
«Non ho mai considerato l’imperfezione imperfetta, essendo un’esteta realista l’imperfezione è la mia perfezione».

A cosa stai lavorando adesso?
«Sto lavorando su Sex Rehab, una propaganda anti-pornografia: la pornografia è un mezzo di conoscenza che se usato male, ammala».

Christo Viola è il tuo nome d’arte. Da dove viene?
«Christo Viola non è il mio nome d’arte, è il mio nome in questa fase della mia vita, Viola viene da mia madre. Christo si spiegherà da solo tra qualche anno».