Giannelli alla Emmeotto

Le differenti matrici estetiche che denotano l’approccio plastico scultoreo dell’opera di Emanuele Giannelli afferiscono a un sentimento strettamente legato al nostro patrimonio culturale che trae radici nel figurativismo della statuaria antica. Narrare oggi di un linguaggio contemporaneo che cerca le sue origini nell’antichità è una sfida complessa e dai risultati mai univoci. Giannelli si interroga sulle evoluzioni scientifiche che denotano l’universo attuale, le sue riflessioni sulla genetica e sulla clonazione divengono un fattore determinante nella scelta di dare al suo procedimento tecnico una svolta decisiva verso il futuro. To lie or not lie, il progetto espositivo di Giannelli, ospitato negli spazi della galleria Emmeotto di Roma, è il racconto sensoriale di una visione identitaria dell’essere umano. Abbiamo incontrato Gianluca Marziani, curatore, insieme ad Anna Lo Presti, della mostra dedicata all’artista romano, che ci ha fornito preziose chiavi di lettura sull’opera di Giannelli.

Che cosa vuol dire parlare oggi di scultura in Italia, specialmente quando si propone una matrice scultorea figurativa che semina delle tracce ricollegabili alla scienza?
«Un aspetto che in questo momento mi interessa in maniera particolare è la riflessione sulla scultura figurativa. Da molto tempo percepisco un vuoto abbastanza ampio nel linguaggio plastico contemporaneo, dove cerco di trovare un senso di continuità con la nostra tradizione di natura classica, se pensiamo in particolar modo alla statuaria antica di matrice greca e romana. Oggi artisti internazionali come Gormley e Muñoz stanno intraprendendo questa strada, ma se dovessi stilare una lista di autori che si immettono nella tradizione culturale occidentale riuscirei ad elencarne solo pochi».

Nel linguaggio contemporaneo asiatico vi è una ricchezza di artisti che affrontano la dimensione plastico figurativa, dove risiede la differenza con la nostra produzione espressiva occidentale?
«Gli asiatici hanno iniziato a conoscere il patrimonio classico europeo in tempi recenti, per questa ragione hanno ripreso ed apprezzato in maniera attiva e costruttiva il valore del corpus iconografico ereditato dalla statuaria antica. Gli artisti cinesi, in particolare, hanno dato un valore di scambio a questa contaminazione tra oriente ed occidente, donando però ai loro lavori un valore contemporaneo. Giannelli è un artista che possiede un’attitudine alla dimensione classica della scultura, ma il suo approccio è totalmente imperniato dal contemporaneo».

Giannelli nei suoi lavori ci mostra tematiche fortemente attuali: dalla clonazione alla mutazione genetica. Che cosa significa per l’artista donare al pubblico una visione etica oltre che estetica?
«Le opere di Giannelli sono caratterizzate da uno sguardo verso il progresso scientifico nel campo della genetica e nello studio del dna. Questa è la forte dimensione che caratterizza il suo lavoro. L’artista possiede una grande qualità tecnica e una sapiente competenza nell’utilizzo dei materiali. Credo sia raro trovare tali caratteristiche in un artista, spesso chi è così tecnicamente avanzato risente di un manierismo scultoreo che fa il verso alla statuaria classica divenendo un semplice copiatore.

L’utilizzo di molteplici materiali caratterizza il lavoro di Giannelli, quali sono le radici che hanno permesso all’artista una tale contaminazione materica?
«La forte consapevolezza di Giannelli risiede nella capacità di gestire materiali diversi ed eterogenei che gli permettono di lavorare anche su aspetti mimetici, sulla dicotomia tra apparenza e realtà della materia che trovo molto interessante anche da un punto di vista logistico grazie alla duttilità che le resine possiedono. Giannelli è romano ma si è trasferito giovane in Toscana, nella patria della scultura per eccellenza, a Carrara, dove vive a stretto contatto con il marmo, altro elemento che ha utilizzato durante la sua carriera. Ciò che più mi ha colpito di questo artista è la sua intelligenza estetica, il suo sapiente dialogo con lo spazio. In Italia la sua presenza esprime un’anomalia ma, al medesimo tempo, egli è un apri pista per le nuove generazioni, è come se stesse dicendo che esiste anche questa strada, una strada che non è né retrograda né conservatrice, ma che possiede una forte spinta verso il futuro».
Fino al 18 aprile, Galleria Emmeotto, via di Monte Giordano 36, Roma; info: www.emmeotto.net