Collettiva La Masa

Venezia, nella galleria di piazza San Marco della fondazione Bevilacqua La Masa, è in corso la mostra di fine residenza degli artisti assegnatari di un atelier. A cura di Rachele D’Osualdo, sono presenti le opere di Giuseppe Abate e Paola Angelini, Anemoi, Marko Bjelančević, Saverio Bonato, Pamela Breda, Samuele Cherubini, gli Impresari, Graziano Meneghin e Jacopo Trabona, Fabrizio Perghem, Fabio Roncato, Caterina Erica Shanta, Eleonora Sovrani. Il progetto della fondazione è uno dei più antichi programmi di residenze per artisti d’Europa, ogni anno, attraverso un bando di concorso, dodici artisti sono selezionati e vincitori di atelier nel centro storico della Serenissima: palazzo Carminati a San Stae e nel complesso dei santissimi Cosma e Damiano alla Giudecca. Un percorso che li vede protagonisti di iniziative cariche di possibilità e occasioni per comunicare in modo diretto e reale con i visitatori attraverso le loro opere e le originali capacità interpretative. Ad esempio con visite agli studi da parte di operatori del settore, incontri con il pubblico, occasioni espositive spesso in collaborazione con importanti istituzioni culturali, cittadine e nazionali, e partner sostenitori.

Durante l’inaugurazione, il collettivo Anemoi ha presentato l’esecuzione di Rapsodia Veneziana: un componimento per coro polifonico elaborato utilizzando frasi udite e raccolte per strada, nei diversi sestieri della città. Un progetto ironico e capace allo stesso modo di colloquiare con ciò che è vero, sincero, pulito, quotidiano. Una moltitudine di voci che riflette il senso di smarrimento del nostro tempo. Lo studio di Marko Bjelančević nasce dal rapporto con gli spettatori, sulle identità personali e sui dati che spesso inconsapevolmente ciascuno di noi si lascia rubare, attraverso fotografie, strumenti digitali e i diversi dispositivi che ci rilevano ogni giorno. Saverio Bonato ci riporta nel reale con eventi che hanno scosso l’opinione pubblica e ci aiuta a riflettere, con una sensibilità lontana dal caos mediatico, sui problemi di inquinamento ambientale provocati dall’Ilva di Taranto che hanno causato e continuano a causare ricoveri e morti. L’artista presenta i Monocromi Tarantini, una serie di tele che ha disposto nel territorio di Taranto, permettendo così il depositarsi su di esse delle polveri ferrose che diventano pigmento. Il tutto legato a una pubblicazione in cui sono raccolti gli scritti prodotti da giornalisti, curatori, ricercatori e cittadini, accanto alla documentazione fotografica del lavoro.

L’installazione Peristalsi di Samuele Cherubini, permette al pubblico di capire la complessa intercettazione, da parte dell’artista, dei diversi progetti artistici incompiuti che lo hanno accompagnato durante l’anno di residenza. Avvicinandosi alla materia gelatinosa, con il contatto fisico, e predisponendosi all’ascolto, è possibile comprendere le riflessioni dell’artista sulla creazione, l’esposizione e l’evoluzione dei suoi lavori. Gli Impresari mettono in scena la Commedia dell’arte contemporanea: assecondando l’idea di improvvisazione controllata, alla presentazione della mostra, attiva una performance che mostra al pubblico il lavoro dietro le quinte degli artigiani intenti a studiare i meccanismi di due effetti scenici, la macchina delle nuvole e quella delle onde. Un secondo appuntamento, all’interno del Cenacolo Palladiano in Fondazione Cini, ha presentato attori professionisti e macchine teatrali con alcune sezioni della Commedia delle Macchine, pièce scritta dall’artista Gian Lorenzo Bernini che il collettivo metterà interamente in scena nel settembre di quest’anno. Salendo al primo piano della galleria, il duo di pittori Giuseppe Abate e Paola Angelini presenta un progetto a quattro mani, dove il linguaggio diviene mezzo di scambio e interazione reciproca. Alla base lo studio di un capolavoro della pittura veneta, la Pietà di Tiziano, esposto nelle Gallerie dell’Accademia sempre a Venezia. Con Eleonora Sovrani lo scenario diventa catastrofico ma pure sempre plausibile, infatti visualizza l’esplosione dei database di immagini dei motori di ricerca mondiali.

Immediatamente decine di domane ci interrogano: cosa accadrebbe alle immagini virtuali perse? Come preservarne la memoria? E quanto l’azione quotidiana impressa sugli utilizzatori del web, nel corso degli anni, ne ha ormai plasmato l’immaginario? Mentre per Fabio Roncato l’oggetto di studio è la terra, la sua formazione e trasformazione. Nel lavoro Orizzonti Sepolti, un focus su Caranto, uno strato di territorio argilloso estremamente compatto, un tempo superficiale e ora interrato, presente nella laguna veneta e su cui poggia la città. L’artista scava il territorio lagunare riportando in superficie questo orizzonte geologico e proiettando sullo strato emerso un’osservazione astronomica: la luce generata da una stella simultaneamente alla formazione della roccia. Al contrario Fabrizio Perghem si dedica alla descrizione di una forma senza ricorrere all’immagine visiva. Chiede infatti ad alcuni interpreti di ricorrere all’ecolocalizzazione, meccanismo utilizzato da diversi animali che, emettendo suoni nell’ambiente, ne ascoltano gli echi che rimbalzano da diversi oggetti, giungendo così a identificare questi ultimi, la loro fattezza e la loro distanza. L’artista si interroga inoltre su come possa essere riportata e ricordata questa forma e l’esperienza della sua rappresentazione mentale, una volta eliminata la componente visiva. Ciò che qui c’e’, lo si può trovare anche altrove; ma ciò che qui non si trova, non esiste in nessun luogo è un ambiente installativo ideato da Graziano Meneghin e Jacopo Trabona, in cui vengono documentate sei esposizioni che, in modo immaginario, hanno avuto luogo nel loro studio a Palazzo Carminati.

La collettiva si conclude con uno spazio cinematografico, dove i due video proiettati indicano allo spettatore due diversi approcci artistici nell’utilizzo di materiali d’archivio. Walden, di Pamela Breda, nasce dal montaggio di filmati documentaristici realizzati dalla regista americana Johanna Alemann fra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. I filmati sono stati scomposti e ricomposti in scala cromatica, a seconda del colore prevalente in ogni fotogramma. Le immagini sono accompagnate da “Walden, or Life in the Woods”, libro scritto dal filosofo Henry David Thoreau nel 1854, una riflessione sulle sue esperienze di vita a stretto contatto con la natura. Il video documentario di Caterina Erica Shanta, intitolato Sogni, attraverso fotografie, libri, riviste, raccolti in diversi archivi della città, affiancati da una serie di interviste, ricostruisce la Venezia del periodo della seconda guerra mondiale. Dai razionamenti alimentari alla costruzione di bunker contro i bombardamenti aerei.

Fino al 22 febbraio; fondazione Bevilacqua La Masa, piazza San Marco 71, Venezia; info: www.bevilacqualamasa.it

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