Chi conosce Renato Mambor certamente lo ricorderà per essere stato uno dei protagonisti della stagione artistica romana degli anni ’60. Pochi forse sanno che ha recitato in molti film a partire dalla fine degli anni ’50 tra cui I ragazzi del Juke-Box, lo spaghetti-western Se vuoi vivere spara e La dolce vita. Due i film scelti dal cinema Trevi per ricordarlo, entrambi del 1960: Gli urlatori alla sbarra di Lucio Fulci e Il rossetto di Damiano Damiani. Il primo è una sorta di musical in cui Adriano Celentano, Mina, Joe Stranieri, Brunetta, denominati all’epoca gli urlatori, creano scandalo per il loro modo di cantare e per i loro blue jeans. Memorabile la partecipazione di un giovanissimo Chet Baker, nella parte dell’americano, e di Mambor che interpreta uno del gruppo travestito perennemente da indiano. L’altro è invece un film drammatico in cui Mambor interpreta Vincenzo, un garzone accusato ingiustamente dell’omicidio di una donna.
Al dibattito, a cui hanno preso parte Marco Giusti, Paola Pitagora, Patrizia Speciale, Gianluca Marziani, si sono ripercorse le diverse fasi dell’attività di Mambor partendo proprio dal cinema, il lato forse più sconosciuto della sua carriera ma che, accostato al teatro e alla pittura, ci testimonia la grande poliedricità di questo artista. «Renato lavorava alla pompa di benzina del padre sulla via Tuscolana. Un giorno Federico Fellini passa lì diretto a Cinecittà, vede Renato e gli chiede di fare la comparsa per la Dolce vita. Lui si porta dietro pure me e così andammo per una settimana a Cinecittà, pagati una cifra pazzesca, per contornare la scena di Anita Ekberg a Caracalla» racconta Paola Pitagora, nota attrice nonché compagna di Mambor in quegli anni che ha rievocato nel 2001 nel libro Fiato d’artista. Per ricordare la stagione teatrale, altra tappa importante della sua attività, la proiezione della Linea parallela del mare, un video onirico e visionario di Felice Farina che era parte integrante di uno spettacolo del 1982 con lo stesso titolo. ”Non mi sono mai identificato nel ruolo: ho cantato, ho ballato, ho recitato, ma non sono mai stato un cantante o un attore. Provavo il ruolo con ironia, sempre da pittore, per potersi guardare. Pittore è maniera di essere, una tendenza, una predisposizione, un pensiero che si svolge di continuo, oltre che il mestiere di produrre oggetti formali. Anche quando facevo fotografie o teatro, performance, mi consideravo e mi consideravano un pittore. Il pittore è un uomo che cammina sempre, dentro e fuori, ha la capacità di distaccarsi. Senza il distacco noi non possiamo camminare. Sono un pittore perché ho portato sempre scarpe da tennis, nere, anche d’inverno. Non ho mai messo la cravatta ma foulard di seta, di lana, e a volte entrambi insieme. Mi piace plasmare cera calda, modellare mollica di pane e cestinare la carta, accartocciata, come fossero pensieri negativi. Ogni volta che sta per tramontare il sole, aspetto che si concluda. Non dico mai «ascolta, ti dico io come stanno le cose», dico «sto ascoltando cosa vuoi dire»” scrive Mambor in un libro a quattro mani con la moglie Patrizia Speciale, che ne ha annunciato l’imminente uscita.
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