Veil of freedom

Roma

Prosegue tra le vie di Roma il cammino di Francesca Montinaro sull’indagine dell’universo femminile. A battezzare l’avvio di questo ritratto di gruppo, di coloro che hanno il coraggio di sporcarsi le mani e gridare il proprio senso di responsabilità è la Gnam nel 2013 con la video installazione plurale Ritratto continuo mod. 3.375.020.000 dove l’artista individua nelle spose, nelle suore, nelle venditrici porta a porta e nelle scultrici della parola 4 modelli femminili differenti ma appartenenti ad uno stesso genere. Ora è la Erica Fiorentini arte contemporanea ad ospitare la seconda tappa di questo progetto aperto ed in costante evoluzione con Veil of freedom fino al 15 marzo 2015. Rinnovato l’allestimento con il set e le stampe oltre alla nuova serie dei video-ritratti sulle donne velate per scelta o per imposizione: spose, suore e donne islamiche. Un lavoro sostenuto dalla gallerista Erica Fiorentini perché parla del «vissuto, delle contraddizioni, della profondità della dimensione femminile ed in maniera più estesa di tutta l’umanità, un progetto quindi dal grandissimo valore estetico, per i video e per le immagini dal forte impatto visivo e dal profondo contenuto».

Il velo già durante il primo appuntamento diviene materia da approfondire per la Montinaro, le suore, contrariamente a quanto si può credere nel pensiero comune, risultano le più libere e gioiose, nonostante quella divisa non si rinchiudono in discorsi o riferimenti prettamente religiosi, ma affrontano problematiche comuni, quel velo anzi le rende sorprendentemente serene, è una scelta di vita, dona loro una profonda certezza e coscienza di sé che non può non imprimersi in chi le ascolta. Perché affidarsi ai pregiudizi quindi? Perché inciampare nei luoghi comuni? Perché una giovane sposa sulle sue mani scrive Veil of freedom? Che necessità ha? Un’affermazione che suscita degli interrogativi nella Montinaro tanto da divenire titolo della mostra. Una riflessione che, come ci spiega l’artista, affronta anche con le suore, donne consacrate che indossano il velo oppure senza velo come nel caso delle pastorelle e che riconosciamo nella sequenza delle 47 stampe sul lungo e stretto tappeto verde. Stampe unite tra loro da una cordicella metallica come nel caso delle piccole quattro lastre che accompagnano Ciò che sono, ognuna di loro è una delle molteplici sfaccettature dell’animo complesso di una donna. Ecco allora che la Montinaro avvia un dialogo innescando «un confronto diretto con le protagoniste, con me stessa e con quello che succede nel mondo, ecco perché sono andata nelle moschee di Roma ad incontrare le donne musulmane, ho sentito l’esigenza di parlare con coloro che noi occidentali vediamo coperte dal velo della castrazione, dell’annullamento: chiediamo a loro il significato di veil of freedom». Su una di queste mani c’è scritto Come una rosa nel deserto, per lei è questa la condizione della donna, dell’uso del velo portato per questioni spirituali. «Il velo non la rende meno libera o diversa dalle altre, è una donna dolce, con un’ottima preparazione culturale e con un forte attaccamento alla realtà. Il velo la rende più profonda perché deve motivarlo ed è quello che non trovo nelle spose» continua la Montinaro. A comporre il Dittico la rosa, la seconda immagine mostra il velo che l’artista pone su una sposa, è il velo non della scelta, il velo che non è libertà, è il velo imposto alla donna: due lastre fisicamente vicine ma stridenti per significato. Nel Trittico la bellezza a colpire per il forte impatto emotivo è la donna dal volto completamente coperto. Ma anche in questo caso non si tratta di un velo imposto e lo dimostra quando nell’atto di alzarsi dalla sedia decide di scoprirsi. È una donna che a Roma non è mai uscita da sola, che accetta l’invito della Montinaro per vivere un’esperienza profonda e lo fa per se stessa e sulla sua mano dichiara I popoli sono di metallo forgiabile, «di metallo non di ferro, un metallo che non deve diventare per forza un’arma, ma può diventare qualunque cosa» sottolinea l’artista. Perché quindi non porsi delle domande e soffermarsi a cercare la verità? Dietro un’apparente costrizione può rivelarsi quell’atto di volontà, quella scelta conscia, quella vocazione che rende profondamente liberi e compiuti. Per l’articolo su Ritratto continuo mod. 3.375.020.000 alla Gnam clicca qui, per vedere la video installazione qui

Fino al 15 marzo 2015, Erica Fiorentini Arte Contemporanea, via Margutta 17 Roma; info: www.ericafiorentini.it

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