Parla Luciano Benetton

Treviso

Luciano Benetton è uomo di ampie vedute. Lo dimostrano la sua storia, il modo in cui ha trasformato un negozio di abbigliamento in uno dei gruppi di moda più potenti ed estesi del globo, le sue campagne pubblicitarie battezzate da Oliviero Toscani, le sue idee, il suo look e le sue scelte. Come quella di collezionare, nel corso degli anni e dei viaggi, opere d’arte. Al punto che oggi, pezzo dopo pezzo, ha creato Imago Mundi, una delle 20 collezioni d’arte contemporanea più innovative al mondo (secondo Artnet), composta da circa 20 mila opere di altrettanti artisti, provenienti da tutti gli angoli del pianeta. Tutti artisti a cui Benetton ha commissionato un lavoro da donare alla sua fondazione, con un’unica direttiva: le dimensioni. Tutti i lavori sono infatti realizzati in formato cartolina 10×12. La collezione viaggia nel mondo e dal 19 novembre una parte di essa sarà in esposizione a Roma, al museo Bilotti, fino all’11 gennaio, e riguarderà solo alcuni paesi africani (Egitto, Eritrea, Etiopia, Gambia, Kenya, Marocco, Mauritania, Mozambico, Senegal, Somalia, Sudafrica, Sudan, Tanzania, Tunisia, Zanzibar, Zimbabwe, riunite sotto il titolo L’Arte dell’Umanità). Ne abbiamo parlato direttamente con lui, con quello che in molti definiscono uno dei principali mecenati d’arte del terzo millennio.

United Colors of Benetton, un brand che con Imago Mundi si estende anche all’arte. Quali sono i punti cardine della filosofia che da sempre ispira la vostra realtà industriale e che vi ha fatto spaziare dall’abbigliamento all’automobilismo, fino all’arte? «Imago Mundi rappresenta il punto d’incontro concreto di alcuni valori che sono miei personali e del Gruppo Benetton: il viaggio come apertura ai mercati e conoscenza del mondo. L’arte come chiave di lettura e interpretazione dei nostri tempi. E poi l’appassionata attenzione per i giovani talenti che riescono a superare confini geografici, politici, etnici, psicologici, per proporre un’arte capace di costruire relazioni tra uomini e comunità, di riunire, creare collegamenti. Imago Mundi, in estrema sintesi, è l’Arte dell’Umanità, una rappresentazione e catalogazione delle culture del mondo che richiama lo slogan delle prime campagne Benetton: Tutti i colori del mondo. È come un lungo viaggio circolare nel segno della ricerca».

La piattaforma Artnet ha inserito Imago Mundi tra le 20 collezioni d’arte più innovative del mondo. Tra le motivazioni si legge che la sua collezione ”rappresenta una mappa geografica artistica del mondo”. Una mappa molto dettagliata, in particolare sullo scenario artistico contemporaneo di molti paesi africani. Cosa l’ha spinta a investire sull’arte di questo continente, tanto affascinante quanto dimenticato? «Il motore principale è proprio il fatto che l’arte africana sia ancora poco conosciuta, nonostante rappresenti la creatività, l’energia, la voglia di fare, il desiderio di riscatto dei giovani africani. In poche parole, l’immagine migliore dell’Africa che si sta riappropriando del proprio futuro. Ecco, quella africana è un’arte con una forte componente di novità che viene da lontano, come ricordano le pitture rupestri della preistoria, tracce incantevoli e durature del nostro passaggio sulla terra».

A Roma porterà al museo Bilotti una parte della collezione relativa all’arte di molti paesi africani. Ci racconta come è nato questo progetto? «Nell’ambito del progetto globale Imago Mundi, siamo partiti dalla convinzione che l’arte possa fare la sua parte per affermare l’identità estetica, culturale e al tempo stesso sociale delle tante nazioni dell’Africa. Quello africano sembra un continente diverso e lontano, ma in realtà ci separano fisicamente solo i 14 chilometri dello stretto di Gibilterra. I confini che ci dividono sono soprattutto mentali, culturali e ideologici, e noi vogliamo contribuire a creare un ponte, fatto di immagini, simboli, valori e passioni, tra l’Africa, l’Europa e gli altri continenti. A Roma portiamo 13 collezioni di 16 nazioni, per un totale di più di 2mila artisti. In realtà le nostre collezioni africane già concluse sono molte di più, oltre 25, e dunque gli artisti coinvolti sono più di 3mila. È nostra intenzione arrivare a coprire l’intero continente».

Come ha costruito materialmente la sua collezione? Da cosa è partito? Chi le ha dato sostegno? E chi l’ha introdotta nel panorama artistico di tutti questi paesi presenti in collezione? «Imago Mundi è un grande e ambizioso contenitore che da cinque anni a questa parte raccoglie, convoglia e cataloga l’arte del mondo. L’idea è nata scoprendo lo straordinario lavoro di catalogazione delle piante di Linneo, il primo botanico ad aver dato vita a una nomenclatura delle piante esistenti. Imago Mundi ha, in parte, la stessa ambizione. In ogni nazione ci affidiamo a un curatore che è sempre un professionista dell’arte: critici, giornalisti, collezionisti, direttori di musei. Sono loro, nella più totale libertà, a selezionare gli artisti, affermati ma anche giovani, talentosi e sconosciuti. A questi ultimi è chiesto di realizzare, gratuitamente, un’opera 10×12: una sorta di cartolina, una tessera di un puzzle molto più grande. Quando tutte le opere di una determinata nazione sono esposte, si riesce ad avere contemporaneamente il tratto distintivo delle diverse personalità artistiche e una fotografia dell’identità, della società e dei costumi del loro paese».

Le opere della sua collezione sono state acquistate o ha puntato anche su forme alternative di acquisizione? «Il progetto non è un’operazione commerciale: ogni investimento, nella gestione generale, nell’organizzazione delle mostre, nella produzione dei cataloghi, nelle risorse umane impiegate, è totalmente a mio carico. Le opere non sono in vendita e sono donate alla Fondazione Benetton, così da coprire anche i costi futuri. Agli artisti diamo la possibilità di esporre a livello internazionale e di stringere contatti. La piattaforma web www.imagomundiart.com che abbiamo realizzato e che cresce rapidamente, ad esempio, è come una sorta di vetrina dove esporre le realtà artistiche più diverse, creare nuove relazioni e possibilità che vanno a vantaggio degli artisti stessi. In più, grazie alle mostre che Imago Mundi promuove, gli autori possono crescere di curriculum e di visibilità».

Dopo Roma in quali altri posti ha in programma di recarsi per esporre Imago Mundi al pubblico? «All’inizio del 2015 esporremo al Museo Belvedere al palazzo d’Inverno di Vienna la collezione Vienna for Art’s Sake!, che propone 160 lavori di artisti che vivono e lavorano nella capitale austriaca, ancora oggi un vero e proprio aggregatore di esperienze artistiche: una capitale dove la cultura fa tendenza. Tra gli autori coinvolti ci sono anche celebrità come Christo, architetti di fama come Frank O. Gehry e Zaha Hadid, scultori, designer. Artisti a tutto tondo che nella capitale austriaca sono nati, o vi hanno studiato, vissuto, lavorato. In questo periodo, fino al 25 gennaio, siamo anche negli Stati Uniti, al Noma di New Orleans, con la collezione Reparation, che riunisce quasi 200 artisti di questa città-mondo, dove la creatività ti può sorprendere in ogni momento e a ogni angolo di strada».

Quali paesi saranno i prossimi a entrare in Imago Mundi? «Passo dopo passo stiamo componendo il ricco puzzle dell’Africa, con Botswana, Nigeria, Liberia, Sierra Leone e le due Repubbliche del Congo. Tra i più sorprendenti, è in stampa il catalogo dedicato alle isole dell’Oceano Indiano, che rappresenta un formidabile viaggio estetico, con collegamenti culturali inaspettati, da Mauritius alle Seychelles. E poi tocca all’Europa mediterranea, con due giganti dell’arte antica e moderna come Grecia e Spagna. Ma, soprattutto, ci tengo a dire che stiamo accelerando. Ciò che abbiamo fatto in cinque anni, dalla partenza del progetto a oggi, si raddoppierà in un solo anno: nel 2015 arriveremo a cento cataloghi e quindi a cento singole collezioni. Questo significa che gli artisti coinvolti saranno più di 20mila».

Sappiamo che presto anche l’arte contemporanea italiana entrerà nelle sue attenzioni. Ma immaginiamo che il suo occhio sia vigile da tempo sul panorama artistico nazionale. Ha già rapporti con qualcuno (artisti/galleristi)? Può regalarci qualche anticipazione? Chi ne sarà il curatore? E ancora: punterà sui giovani talenti o su nomi blasonati? «Posso anticiparle che sarà un doppio catalogo, con oltre 400 artisti, curato da Luca Beatrice. Con il consueto mix di blasone e gioventù. E, soprattutto, con l’ambizione di lanciare nel mondo un segnale di italianità positiva. Di far scoccare una scintilla di ottimismo, creatività, energia vitale. Per essere orgogliosi, una volta tanto, non solo del passato ma del nostro futuro».

Lei è stato tra i primi a interessarsi della scena artistica contemporanea in Estremo Oriente, specialmente in Cina. Si tratta di un paese in grande evoluzione. Ha avuto modo di riscontrare questa realtà anche nei linguaggi artistici cinesi? «La nostra raccolta, Made in China, racconta la grande ricchezza dell’arte cinese contemporanea, che, per temi, codici estetici, soluzioni formali, tecniche e materiali diversi, riflette il grande fermento della nuova Cina proiettata al futuro. Gli artisti cinesi sono ormai protagonisti della scena internazionale, spesso anche del mercato, sanno sperimentare con materiali diversi e con le tecnologie digitali. Hanno una marcia in più: nei prossimi anni mi aspetto una vera e propria leadership culturale cinese, oltre che economica».

Questo linguaggio artistico globale che lei approfondisce da anni l’ha aiutata a conoscere meglio il mondo e la società? Che messaggio ritiene di poter divulgare al suo pubblico con Imago Mundi? «Per me l’arte è stata un modo, parallelo al viaggio e alla scoperta diretta, per conoscere e stare al passo con la trasformazione geopolitica del nostro mondo. Perché soprattutto oggi, per fornire una suggestione più che un messaggio, non possiamo fermarci entro i limiti, pur comodi e rassicuranti, di ciò che conosciamo. L’unico modo che abbiamo per non rinchiuderci ed essere sempre aggiornati è di guardare il mondo con occhi e colori nuovi».

Lei è di fatto uno dei principali mecenati d’arte del terzo millennio. Difficile che non lasci il segno nella storia dell’arte contemporanea. Cosa le piacerebbe che raccontassero di lei i posteri? «Mi piacerebbe che condividessero, a proposito di Imago Mundi, questi versi di John Keats: ”Una cosa di bellezza è una gioia per sempre”».

Info: www.imagomundiart.com
www.museocarlobilotti.it