Cecily Brown alla Gam

Cecily Brown, nata a Londra nel 1969, è un punto di riferimento per chiunque si occupi di pittura in ambito contemporaneo. I suoi lavori sono un’affascinante sintesi di influenze disparate, sia dal punto di vista estetico, che temporale. Goya, Poussin, Picasso, de Kooning confluiscono in vortici cromatici apparentemente caotici che avvolgono e rapiscono lo sguardo dello spettatore. Dal marasma della Brown fioriscono silhouette, teste, volti, in una potentissima sintesi di astrazione informale e figurazione. Visitare una mostra dell’artista britannica significa addentrarsi in un’esperienza estetica di rara intensità. La Gam di Torino, non paga di ospitare la grande rassegna di opere su carta di Roy Lichtenstein, raddoppia la sua offerta espositiva e dedica i suoi spazi più moderni, quelli dell’Underground Project, a una raccolta di circa 50 opere della Brown, tra matite, inchiostri, gouache e acquerelli su carta, monotipi e 17 dipinti di grandi dimensioni che sono altrettanti universi materici fatti di caos avvolgente e libertà espressiva.

«Cecily Brown guarda alla realtà del mondo in relazione alla presenza umana», spiega Danilo Eccher, direttore della Gam e curatore della mostra, nonché primo in Italia a dedicare una personale all’artista londinese, al Macro, nel 2003. «Vaga alla ricerca di una verità non assoluta ed estranea bensì contingente e caduca, una verità contaminata e corrosa dall’esperienza individuale che risulta essere la chiave interpretativa di tutta la narrazione. Si comprende così l’uso di un linguaggio densamente materico e cromaticamente intenso che allude alla realtà che non può essere contemplata distaccatamente ma vissuta intensamente, sprofondando nelle sue viscere, sporcandosi con i suoi escrementi, nutrendosi del suo sangue, avvolgendosi nel colore della sua carne». Inevitabilmente non ancora classica come Lichtenstein, suo compagno di museo in quel di Torino, Cecily Brown è una di quelle rarissime artiste che danno la sensazione di poter aspirare alla classicità, perché è attraverso di essa che filtra il suo universo violento, proprio come faceva Goya, suo chiaro punto di riferimento.

Fino al 1 febbraio, Gam, Via Magenta 31, Torino; Info: www.gamtorino.it