Il collasso dell’immagine

Enrico Minguzzi è il protagonista alle gallerie civiche di palazzo Ducale, Pavullo nel Frignano, Modena, una personale realizzata grazie alla preziosa collaborazione di galleria Atlantica, Altavilla, Vicenza. Il progetto Il collasso dell’immagine a cura di Francesca Baboni e Stefano Taddei, presenta dipinti inediti creati dall’artista per la mostra e capaci di dialogare con i suggestivi spazi della location superando anche le parenti per fondersi con il paesaggio che avvolge la realtà modenese. Un lavoro che sottolinea le capacità di Minguzzi di cancellare il velo che copre il paesaggio, mostrandoci una nuova dimensione oltre la meccanicità del guardare senza osservare, del sentire senza ascoltare, del leggere senza capire. Opere di varie dimensioni che intrecciano in modo efficace tradizione figurativa iconica e contemporaneità. Si sorvola su spazi mai scoperti in luoghi differenti e non più riconoscibili ma carichi di una loro apparente e ben definita specificità. La matematica della natura, una tridimensionalità dell’ambiente antropizzato solo dal colore, dal tocco espressivo dell’artista. Nulla è come appare, tutto dev’essere sublimato, esaltato dal dettaglio, dalla carica cromatica di quella strana realtà parallela che viviamo nel sogno, nel desiderio. Un trasporto emotivo che si sente, è concreto. Nato nel 1981a Cotignola, Ravenna, si diploma all’Accademia di belle arti di Bologna. Espone in diverse gallerie sia con personali che collettive e recentemente vincitore dell’ultima edizione di Mantegna cercasi.

Come hai vissuto questa nuova esperienza?

«Penso che preparare una mostra prima di tutto sia utile agli artisti, o perlomeno lo è per me. La pratica quotidiana della pittura è inevitabile, ma con un progetto di fronte credo che tutto quanto diventi più febbrile. Al di la del soggetto rappresentato ciò che ne risulta è che la pittura stessa diviene soggetto. Ho sempre pensato che dipingere porti a desiderare di dipingere, questo perché dipingendo non si risolvono questioni ma piuttosto se ne mettono sul piatto di nuove ed il risultato è quello di conoscere sempre più a fondo il proprio lavoro, scoprendone anche i lati meno razionali e più veri. Negli ultimi mesi è questo che ho fatto, il risultato sono una trentina di opere che sento appartenermi profondamente».

Come sei riuscito a dialogare con una struttura espositiva sicuramente inusuale e di carattere?

«Riguardo la location credo che per certi versi siano stati gli spazi stessi a indirizzarmi verso un progetto specifico. Le gallerie civiche di palazzo Ducale sono costituite da questa serie di stanze che si susseguono scandendo in modo obbligato il ritmo della visione, offrendomi quindi la possibilità di creare dialoghi tra le opere all’interno di ogni sala, ognuna delle quali comunque concatenata a quella successiva».

L’arte oggi…

«All’interno della nostra società mi sembra si faccia sempre più fatica a trovare punti di riferimento fissi e l’arte, come ha sempre fatto si pone come specchio della propria contemporaneità, il panorama che ci si propone mi pare sia frammentato in una serie di individualità e di linguaggi completamente distanti tra loro, a volte addirittura contrari, ma comunque capaci di essere tutti parimenti attuali. Sembra quasi di sentire un rumore assordante costituito da migliaia di brusii che vanno sommandosi, come il bisogno di dire sempre di più in modi sempre nuovi, urlandolo sempre più forte; il rumore a volte è assordante e forse per questo amo in particolare modo la pittura, perché si ferma a riflettere, paziente e silenziosa, di fronte alle nostre abitudini che ci portano consumare immagini, idee e informazioni alla massima velocità. Un mezzo antico, la cui natura più profonda le offre la capacità di non essere consumabile, anzi di svelarsi tanto quanto tempo vorremo dedicarle, capace comunque di portarci emozioni e sapori perfettamente attuali».

Fino al 19 ottobre, palazzo Ducale, via Piave 35 Pavullo sul Frignano; info: www.atlanticagalleria.it

 

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